Pubblico & Privato
Il lunedì mattina senza Francesco Alberoni, sembra impossibile. Da venticinque anni stava lì, in prima pagina sul Corriere della Sera, con una fotografia sfocata e senza tempo, a raccontare la dimensione soffice dei rapporti umani, e adesso ha salutato tutti, piano e gentile, perché il suo contratto è scaduto (dicono che sia in atto un trasloco sul Giornale, e che il lunedì resterà quindi consacrato alle liti col capufficio, all'ingratitudine dei beneficati e agli uomini che si eccitano molto prima delle donne).
Il lunedì mattina senza Francesco Alberoni, sembra impossibile. Da venticinque anni stava lì, in prima pagina sul Corriere della Sera, con una fotografia sfocata e senza tempo, a raccontare la dimensione soffice dei rapporti umani, e adesso ha salutato tutti, piano e gentile, perché il suo contratto è scaduto (dicono che sia in atto un trasloco sul Giornale, e che il lunedì resterà quindi consacrato alle liti col capufficio, all'ingratitudine dei beneficati e agli uomini che si eccitano molto prima delle donne). Forse nessun rubrichista ha scritto nella stessa posizione ogni settimana per venticinque anni di fila nella storia del mondo, e i rubrichisti sono in genere molto rancorosi ed egocentrici (quando la rubrica si esaurisce si sentono scomode vittime della censura e cantano “Bella ciao”), quindi l'apparente serenità di Alberoni fa simpatia e contiene lo smarrimento provocato dal giorno dell'abbandono. Come quando si va a fare colazione sempre nello stesso bar, distrattamente, anche senza salutare, e una mattina c'è un barista diverso, che non sa che deve mettere sul bancone un cappuccino scuro, anche cattivo, e zucchero di canna. Adesso il Post ha lanciato le primarie per ricostruire un lunedì degno di questo nome (proponendo anche Gigi Marzullo, “nel segno della continuità”), e si attendono esaltanti novità, ma nessuno potrà essere rassicurante come Alberoni. Come la tovaglia a quadretti in cucina e la cera sui pavimenti.
Era bello leggere che la cosa più importante è non aver paura dei propri sentimenti e dire sempre la verità, finire di leggere e continuare a raccontarsi le solite balle e fare i duri. Era bello avere un grillo parlante ogni lunedì, e ridere di tutto quel buon senso e fare il contrario oppure non leggerlo nemmeno ma dire lo stesso: lo dice anche Alberoni che non mi ami più, e adesso dimenticherò i momenti felici e ti odierò, ha scritto Alberoni che succede così, poi devo reinventarmi un lavoro ma dice Alberoni che non bisogna avere paura del nuovo, se lo incontro lo picchio.
Lui è riuscito a essere la parte rosa degli anni Settanta e Ottanta, e si è inventato la rivoluzione di “Innamoramento e amore” sul più piccolo movimento sociale: la coppia. Per quei tempi era un po' come dire: mettete i fiori nei vostri cannoni, e poi subito i suoi frammenti di discorsi amorosi si sono impiantati dentro i nostri lunedì. Come l'oroscopo, come le buone cose di pessimo gusto, come un modo per sentirsi superiori ai sentimentalismi da tinello, perfino un po' maledetti. Come la mamma che dice: mettiti la sciarpa che prendi freddo, e si esce ancora più scollati, praticamente nudi, con un senso allegro di trasgressione bohémienne. Alberoni serviva anche a scuotere la testa e a dire: ma per carità. Sentire, per contrasto con il pacioso ottimismo della speranza, di essersi svegliati questa settimana molto nichilisti ed eleganti.
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