L'errore di prospettiva dei cattolici che pensano a un futuro senza Pdl

Sandro Bondi

Il cardinale Angelo Bagnasco non poteva non esprimere un giudizio sulla condizione in cui versa la società italiana e far sentire la voce dei vescovi italiani su alcune questioni riguardanti l'etica pubblica. Se non lo avesse fatto, si sarebbe sicuramente esposto alle critiche di una parte del mondo cattolico e del mondo politico e giornalistico, che nei confronti della chiesa cattolica seguono un atteggiamento variabile a seconda degli interessi contingenti. A mio avviso il pronunciamento di Bagnasco – lo dico a malincuore e con il massimo rispetto – è risultato privo di quella finezza politica, propria del suo predecessore cardinale Ruini.

    Il cardinale Angelo Bagnasco non poteva non esprimere un giudizio sulla condizione in cui versa la società italiana e far sentire la voce dei vescovi italiani su alcune questioni riguardanti l'etica pubblica. Se non lo avesse fatto, si sarebbe sicuramente esposto alle critiche di una parte del mondo cattolico e del mondo politico e giornalistico, che nei confronti della chiesa cattolica seguono un atteggiamento variabile a seconda degli interessi contingenti. A mio avviso il pronunciamento di Bagnasco – lo dico a malincuore e con il massimo rispetto – è risultato privo di quella finezza politica, propria del suo predecessore cardinale Ruini, con la conseguenza inevitabile che il suo intero discorso, non privo di elementi di interesse e di profondità, ha finito per essere assoggettato a un mero attacco allo stile di vita del presidente del Consiglio. Io sono convinto però che i toni e la piega politica che il discorso di Bagnasco ha finito per assumere siano il risultato di un pensiero evidente anche se non ancora rivelato esplicitamente. Si tratta del progetto, al quale alcuni esponenti della curia, compreso il segretario di stato Tarcisio Bertone, sembrano interessati da tempo, almeno da quel che risulta dagli organi di stampa, consistente nel prefigurare un nuovo soggetto politico post berlusconiano capace di riunire i cattolici ora dispersi in diversi partiti. Al di là della credibilità di questo progetto, di tornare cioè a una sorta di unità politica dei cattolici, è un dato di fatto che con l'avvento di Bertone e di Bagnasco, la chiesa cattolica italiana ha finito per assumere uno spiccato profilo politico, un interventismo molto spinto nella dimensione legislativa, in particolare per quanto riguarda le questioni concernenti la bioetica. Questo interventismo politico della chiesa nella vita politica italiana, al quale la sinistra ha opposto un'antistorica pretesa di limitare il magistero della chiesa alle mura delle chiese e nel privato della coscienza individuale, non corrisponde al significato più profondo del pontificato di Benedetto XVI, rivolto, come rivela il suo mirabile discorso al Parlamento tedesco, a far rinascere le condizioni della fede in una società intorpidita e secolarizzata, a tratti perfino anticristiana.

    La forza del Papa teologo, la cui voce rimbomba nella mente come nei cuori di tutte le persone sensibili, è di far rinascere la fede, la fede nella resurrezione rivelata dal sacrificio di Cristo, in seguito a una conversione interiore. Un rinnovamento che non si affida all'influenza diretta nella sfera statale, politica e legislativa, ma in quella rivoluzione interiore che cambia l'intera società terrena, come sosteneva anche Aldo Moro. Il problema di fondo, a mio avviso, è che la chiesa italiana si è spinta troppo in avanti nel legittimo dovere di manifestare il proprio punto di vista su tutto ciò che riguarda l'elevazione spirituale e sociale dell'uomo e nel tentativo di condizionare determinati interventi legislativi, senza che la chiesa stessa sia unita e senza lasciar maturare la ricerca di accettabili soluzioni che, non contraddicendo i principi fondamentali della fede e dell'insegnamento della chiesa, fossero la risultante di un aperto confronto, innanzitutto fra i cattolici impegnati in politica.

    Il risultato paradossale è che il massimo condizionamento da parte di ambienti della Curia romana e della Conferenza episcopale su materie quali il testamento biologico non ha sortito l'effetto di unire i cattolici e soprattutto ha condotto a rendere più arduo un dialogo promettente e fecondo fra credenti e non credenti sulla bioetica e sulle nuove frontiere dell'impegno dei cattolici. La mia opinione è che la voce del Santo Padre, capace di essere ascoltata e recepita da tutti gli uomini assetati di verità e di giustizia, fatichi a essere tradotta con fedeltà e con apertura al dialogo da parte dalla chiesa italiana, troppo condizionata da un approccio politicista scarsamente sostenuto da quella saggezza ecclesiastica e massimamente politica, e soprattutto da quel progetto culturale che è stato il lascito più importante del cardinale Camillo Ruini.

    Spero che la chiesa e la curia non commettano l'errore di sottovalutare la ricchezza intellettuale e politica del partito al quale appartengo, un partito di ispirazione cristiana che, nell'arena legislativa, ha contribuito all'approvazione di importanti interventi coerenti con il magistero della chiesa, attraverso un'opera di persuasione e di coinvolgimento dei cosiddetti laici. Sono certo che i cattolici del Pdl non intendono rinunciare a questo traguardo, che è un bene prezioso per la chiesa e per l'Italia.