Ma gli indignados romani da che parte vanno?

Marianna Rizzini

“Hanno occupato”. “No, hanno solo fatto un blocco”. “Sono passati con le braccia alzate”. “Hanno fatto suonare una sveglia davanti a Palazzo Chigi” . “Non hanno fatto passare i treni”. Da quando, più o meno un anno fa, le ottobrate di proteste studentesche si sono fatte “flash mob”, e cioè assembramenti di folla con ambizioni situazioniste, il passaparola cittadino fa perno sugli informatori più aggiornati, gli autisti Atac. Si è diffusa questa voce della stazione Ostiense occupata dagli studenti – uscite bloccate, pericolo di carica.

    “Hanno occupato”. “No, hanno solo fatto un blocco”. “Sono passati con le braccia alzate”. “Hanno fatto suonare una sveglia davanti a Palazzo Chigi” . “Non hanno fatto passare i treni”. Da quando, più o meno un anno fa, le ottobrate di proteste studentesche si sono fatte “flash mob”, e cioè assembramenti di folla con ambizioni situazioniste, il passaparola cittadino fa perno sugli informatori più aggiornati, gli autisti Atac. Si è diffusa questa voce della stazione Ostiense occupata dagli studenti – uscite bloccate, pericolo di carica – ma l'autista fermo sotto la pioggia all'incrocio tra Trastevere e Testaccio dice “sì, qualche gruppo ha fatto un giro attorno al mercato, si sentivano gli elicotteri, il traffico era bloccato, ma la stazione, vedrete, sarà solo un falso allarme”.

    Lungo la strada, in effetti, si vedono gruppi di studenti che percorrono a ritroso, in piccoli crocchi come all'uscita da scuola, il percorso prima bloccato (quello che porta al ministero della Pubblica istruzione, luogo sognato delle proteste anti Gelmini e anti Tremonti). Una mamma con bambino racconta che sì, al mercato qualcosa si è visto, ma “era gente tranquilla”. Un vecchietto ai giardini di Testaccio non si è accorto di nulla, ma istintivamente “solidarizza con quei poveri giovani cassintegrati”. Forse ha fatto un po' di confusione, ma non si ha cuore di dirglielo, ché negli slogan degli studenti è martellante il collegamento con i lavoratori negletti (“precario” è la parola ricorrente, oltre a “cricca” e “casta”, pure nel discorso di uno studente romano che illustra al cronista le motivazioni della protesta, e speriamo per lui che in questo mantra sulla casta che “impedisce di fare qualcosa” lo studente non trovi mai l'alibi per non fare, in futuro, alcunché). Il pensiero sottostante agli slogan, nonostante qualche tamburo cerchi di ridare tono alle truppe con zaino assiepate fuori dalla stazione, è a metà tra il pessimismo e l'alzata di spalle.  “Bloccate il nostro futuro e noi blocchiamo la città”. “Noi la crisi non la paghiamo”.

    "Squali della finanza speculatori sulle nostre vite". E chissà se qualcuno, tra i manifestanti, tra qualche anno si ricorderà di pensare che lo squalo della finanza sarà pur pericoloso, ma che forse non è tutta colpa sua se il domani tarda a spalancarsi.
    Un altro striscione viene arrotolato – la smobilitazione della giornata anti Gelmini sembra essere alle porte, ché in fondo quindici minuti di occupazione sono già un trofeo – e uno studente fuorisede chiede informazioni su come raggiungere il Colosseo (dove forse è in corso “un'altra azione dimostrativa”).  “Per fortuna”, dice un tabaccaio nei pressi del mercato, “la polizia all'Ostiense ha fatto passare i ragazzi”. E insomma – passaparola dopo passaparola – l'occupazione della stazione e il lancio di vernice in direzione degli agenti (avvenuto di mattina) si confondono con il racconto mitizzante delle “trattative” con la polizia. La mente del cronista immediatamente vira verso quell'altra occupazione studentesca di binari, meno fortunata e meno annoiata (a giudicare dalle facce).

    Accadeva più di dieci anni fa,
    alla frontiera con la Francia. C'erano i no-global in marcia verso Nizza, c'era alle spalle una notte insonne su un convoglio partito proprio da qui, dalla stazione Ostiense – altri zaini stracarichi di panini e gommapiuma (scudo d'emergenza) e altro proposito insistente: blocchiamo i binari a Ventimiglia, e poi invadiamo il casello autostradale verso Nizza. C'erano stati due giorni all'addiaccio, una semi-carica, un'arrampicata serale fulminea sul gabbiotto del casello, qualche tafferuglio, qualche incoscienza nel buttare quei no global “piccoli” (gli studenti medi) verso la prima fila di agenti – e quelli non se lo facevano ripetere, con lo spirito incosciente di chi per la prima volta ha ottenuto dai genitori il permesso di andare al concerto rock. Allora, nel 2000, gli studenti erano considerati propaggini di un grande unico cervellone no-global (con subitanee varianti black-bloc). Oggi gli studenti vengono messi in immediato franchising con i movimenti indignados d'ogni latitudine.

    Italia come Wall Street, Italia come Cile, Italia come Puerta del Sol. A Milano, si apprende dai telefonini, la vernice è volata sulle vetrata delle banche. A Roma, si apprende via Twitter, un'auto blu è stata tenuta sotto scacco. “Simbolo della casta”, dice una ragazza interpellata. L'idea di base, declinata in varie salse, è questa: ci rubate il futuro, voi (dove il “voi” sta per ministri, sottosegretari, deputati, governatori di banche, governatori di superbanche uscenti, prossimi presidenti della Bce). E insomma ne fa le spese Mario Draghi, che pure sta parlando, proprio in quel momento, di “giovani in affanno”. Spicca solo una new entry, tra le bestie nere di quest'anno: l'agenzia di rating, colei che declassa (“ma la colpa è del premier e del ministro Gelmini”, dice una ragazza che ha in mano una foto dei madrileni indignati). “Siamo affamati, siamo folli”, dicono gli studenti in omaggio al testamento del compianto Steve Jobs, senza accorgersi che la tiritera indignata è l'esatto contrario della rabbia creativa di cui parlava Steve Jobs (figurarsi della follia).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.