Questa sera si gioca Serbia-Italia
Saranno i "nuovi italiani" a farci vincere l'Europeo?
Sono stati necessari sedici anni, quelli trascorsi dall'applicazione della legge Bosman che permetteva la libera circolazione dei calciatori nella comunità europea. Una lunga marcia ostacolata da chi temeva la perdita di posti di lavoro, soprattutto per interpreti di secondo piano del mestiere, con rallentamenti artificiali – e, tutto sommato, inutili – quali la contingentazione dei giocatori extracomunitari. Tempo sprecato, perché il sorpasso è arrivato.
Sono stati necessari sedici anni, quelli trascorsi dall'applicazione della legge Bosman che permetteva la libera circolazione dei calciatori nella comunità europea. Una lunga marcia ostacolata da chi temeva la perdita di posti di lavoro, soprattutto per interpreti di secondo piano del mestiere, con rallentamenti artificiali – e, tutto sommato, inutili – quali la contingentazione dei giocatori extracomunitari. Tempo sprecato, perché il sorpasso vaticinato (e paventato) da tutti gli osservatori del mondo del calcio alla fine è arrivato: una serie A fatta più di stranieri che di prodotti locali. Mercoledì 21 settembre il giorno, quello del turno infrasettimanale. Hernan Crespo e David Suazo i colpevoli: al loro ingresso in campo gli stranieri impiegati fino a quel momento in campionato sono stati 178 su un totale di 354 giocatori. La metà più uno, il 50,2 per cento del bilancio complessivo. Una piccola frazione di numero a fare la differenza, ma dal grande significato.
Perché il calcio sembra diventato in Italia un mestiere poco attraente, roba da bassa manovalanza come l'edilizia per gli albanesi, l'universo delle badanti per le romene, i servizi a costo ridotto per i cinesi. Non lo dicono soltanto i numeri, lo dice anche la realtà di un mercato in cui resta un'immagine sfocata del passato il tempo in cui i grandi stranieri sceglievano l'Italia. Non le big, ma l'Italia tutta. Un nome? Zico a Udine, mentre oggi si celebra Emanuelson al Milan, per tralasciare di che cosa si imbottiscono piccoli e medi club.
Una realtà al ribasso, che coinvolge un mondo incapace di tenere il passo con la concorrenza europea tra invasione televisiva, stadi inadeguati, pubblico in calo e ranking Uefa deficitario. Ma una realtà da cui Claudio Prandelli cerca di trarre comunque il massimo per ridare splendore al colore azzurro dopo il disastro sudafricano. Aveva detto fin dal suo primo giorno che non avrebbe avuto preclusioni di sorta nei confronti della purezza del passaporto, bastava che si trattasse di buoni giocatori.
E così i “nuovi italiani” sono diventati un segno distintivo per il commissario tecnico, dopo che Marcello Lippi aveva aperto la porta durante la sua gestione al solo Mauro German Camoranesi, che aveva però contribuito a portarci sul tetto del mondo nel 2006. Prandelli non ha avuto preclusioni di sorta, cominciando da Amauri e Cristian Ledesma (italiani per moglie) per poi passare a naturalizzati come Thiago Motta e Pablo Osvaldo, appena chiamato – quest'ultimo – per l'infortunato Mario Balotelli, che può vestire l'azzurro perché nato in Italia come Angelo Ogbonna (già convocato) e Stephan El Sharaawy (lo sarà). E senza dimenticare Ezequiel Schelotto, naturalizzato e visto nell'Under 21 in attesa della squadra maggiore. Tutti buoni? Il giudizio si è espresso negativamente per alcuni (Amauri e Ledesma), è sospeso per altri (Balotelli), è fiducioso per altri ancora (El Sharaawy).
Non saremo la Francia largamente multirazziale da tutti celebrata al Mondiale 1998 e all'Europeo 2000 come esempio di integrazione e che si è miseramente frantumata nel 2010, anche per le divisioni all'interno dello spogliatoio causate dai vari clan etnici, ma l'Italia ha saputo ritrovare credibilità e dignità in breve tempo anche grazie a chi è arrivato da noi come straniero. Con buona pace dell'onorevole leghista Davide Cavallotto, il primo a scandalizzarsi – dopo la chiamata di Osvaldo - di una Nazionale che "si sta trasformando in una pensione per oriundi". Con loro Prandelli ci ha ricondotti nella top ten della Fifa e alla fase finale dell'Europeo 2012 con largo anticipo. E se l'alternativa è vincere il Mondiale per nazioni non riconosciute con la Padania, battendo in finale il Kurdistan…
Il Foglio sportivo - in corpore sano