Com'è potuto succedere che siamo tornate a casa a fare la calza?
Com'è potuto succedere che siamo finite a scambiarci le ricette dei pancake al cioccolato? Che raggiungiamo vertici di godimento, inimmaginabili in un consiglio di amministrazione, quando troviamo davanti alla porta di casa la cassa settimanale di carne e verdura biologica (e abbiamo la deliziosa certezza che il pollo ha vissuto una vita degna, razzolato bene, mangiato cose buone, guardato bei panorami)? Possibile che, dopo tutta la fatica fatta, proviamo più piacere a fare le femmine, piuttosto che a calpestare il mondo con i tacchi alti?
Com'è potuto succedere che siamo finite a scambiarci le ricette dei pancake al cioccolato? Che raggiungiamo vertici di godimento, inimmaginabili in un consiglio di amministrazione, quando troviamo davanti alla porta di casa la cassa settimanale di carne e verdura biologica (e abbiamo la deliziosa certezza che il pollo ha vissuto una vita degna, razzolato bene, mangiato cose buone, guardato bei panorami)? Possibile che, dopo tutta la fatica fatta, proviamo più piacere a fare le femmine, ad accudire, preparare, coltivare, accarezzare, arredare, piuttosto che a calpestare il mondo con i tacchi alti?
Jamie Lee Curtis, attrice (“Un pesce di nome Wanda”) e aggraziata blogger dell'Huffington Post, cinquantenne libera e felice, autrice di libri per bambini, figlia di Tony Curtis e Janet Leigh (la ragazza nella doccia di “Psycho”), si chiede quando è successo. Che dalle barricate, da Heidi Holland, dal lancio dei reggiseni si sia passate, con gioia, ai canali tematici di alta cucina. “Adesso sono ossessionata dal cibo organico, gioco compulsivamente a Words with Friends (Scarabeo Social, ndr) con le mie amiche, mentre beviamo i nostri caffè perfettamente biologici e ben pressati”. Prima ci si rifiutava (anche come gesto politico) di stare a casa, adesso l'aspirazione massima è stare a casa, con qualcosa di bello da fare. “Mi ricordo di un tempo in cui starsene sedute con in mano un libro di cucina o cucire costumi di Halloween era equivalente a essere rinchiuse nella generazione di mia madre (a parte mia madre, che se ne andava in giro in reggiseno nero nelle docce a farsi assassinare, ma sto divagando)”.
Forse è una questione di età, di stanchezza e saggezza insieme, se si prova piacere per le piccole cose anni Cinquanta contro cui trent'anni fa si lanciavano i reggiseni, rifiutandosi anche solo di imparare a cuocere un uovo. “Dopo avere fatto tutto, la carriera, il lavoro, dopo essere stata nel movimento, adesso sto cucendo costumi fatti in casa, sono ossessionata dal mio mixer KitchenAid, dalla mia macchina per il caffè espresso, e sto contemplando la possibilità di comprarmi l'aggeggio per cuocere il pollo sotto vuoto, vado sul tapis roulant con un'applicazione dell'iPhone che si chiama C25K che mi insegna a correre mentre guardo tutti i miei canali preferiti. Cosa è successo? Chi sono?”.
Jamie Lee Curtis finge di sentirsi smarrita, ma ha una spiegazione: è bello stare in un mondo femminile, ma è più bello tornarci. Dopo avere cresciuto i figli (quando magari si desidera soltanto vestirsi di lamè e correre fuori in cerca di un taxi, scalare il Kilimangiaro, diventare capa di un piccolo stato europeo, ordinare pizze in cartone e mangiarle nella vasca da bagno), si sente il bisogno di far crescere altre cose: pomodori, per esempio. Sciarpe di lana, soufflé, librerie Ikea, fiori nei vasi, nipotini, foto sull'iPad. Qualcosa che funzioni, che sia bello da vedere, che faccia sentire potenti senza (più) bisogno di licenziare qualcuno o di passare la notte in ufficio. Meglio a casa, a volte.
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