Re Lear in Padania
Tragedia di lampi e tuoni, finirà nel sangue. Un problema serio
Una tragedia di lampi e tuoni, ché i temporali in Valganna son più cattivi che nel regno di Scozia, con le streghe badanti che danzano attorno al vecchio re, insinuando dubbi sui traditori in agguato. Banquo Maroni e Banquo Tosi, e la dinastia in pericolo (ah, i figli… Renzo il Trota fischiato anche lui, sotto il Pirellone, e senza più nessun soldato che lo difenda). Un piccolo Macbeth padano, perché quando il re è malato e si scatenano le streghe, la lotta tra i prìncipi di un partito che non è solo un partito, ma è popolo e tribù.
Una tragedia di lampi e tuoni, ché i temporali in Valganna son più cattivi che nel regno di Scozia, con le streghe badanti che danzano attorno al vecchio re, insinuando dubbi sui traditori in agguato. Banquo Maroni e Banquo Tosi, e la dinastia in pericolo (ah, i figli… Renzo il Trota fischiato anche lui, sotto il Pirellone, e senza più nessun soldato che lo difenda). Un piccolo Macbeth padano, perché quando il re è malato e si scatenano le streghe, la lotta tra i prìncipi di un partito che non è solo un partito, ma è popolo e tribù, non può essere come per gli altri, diventa una tragedia fosca e insieme popolana. Chi non conosce la Lega, chi ha sempre sorriso, non può capire la lotta vera. Il declino di Bossi e lo sconquasso di una storia politica non può raccontarli Miguel Gotor, con le sue banali dialettiche “padrone-servo fedele e ammalato”, il Cav. e il Senatùr. O i rigattieri che spiluccano la mitologia leghista, ma sempre in superficie. Ci vorrebbe uno Shakespeare padano, anche molto minore.
C'era una volta un re Lear padano che non voleva scegliere il suo successore e non poteva, perché sapeva che il popolo seguiva solo lui e senza sarebbe un gregge disperso. Ma ora che le cose van male, ora che lui non è più lui, c'è solo un popolo che non lo riconosce più e un vecchio re che vede la sua rovina. Le streghe soffiano, i sospetti portano follia. “Ho visto dei fascisti nelle prime file”, tuona Bossi dopo i fischi di Varese, quei fischi contro un leader spaesato e malato che qualche traditore ha fatto uscire in rete. Quel video è una vigliaccata, ha ragione il Trota, più volgare di un pornovideo di Belen, perché prima c'era rispetto per il corpo e le insegne del Capo ferito, ma ora basta, si fischia, e il partito è ormai spaccato. “Tosi è uno stronzo, ci ha portato i fascisti nella Lega”. Da un pezzo siamo alle liste di proscrizione di sindaci e parlamentari, alla rimozione dei segretari, al voto vietato in sezione. E la “Circolare Ceausescu”, tragicomico documento che impone ai militanti di non parlare con la stampa se non su autorizzazione, è già attiva da settimane. Ma è anche lucido, altre volte, Bossi. A tratti la sua forza icastica brilla nel grigio del crepuscolo della politica. “Ma quale legge Reale, erano delinquenti”, dice. “Il Pd e Di Pietro continuano a parlare del morto da mesi e per poco non veniva il morto. Così non va bene per nessuno”. Si ricorda che c'è un patto guerriero con un altro re ferito, e non lo si può abbandonare.
Bossi è un re Lear attonito. Guarda il disastro che ha scatenato. “Ran”, è l'ideogramma giapponese che significa Caos, nel Lear giapponese di Kurosawa. Bisognerebbe trovare l'ideogramma padano che gli corrisponde. Forse, eccolo, è una mano col dito medio. Quel dito medio che ormai è il nuovo marchio di Bossi, la sua arma da guerriero non ancora disarcionato, è l'ideogramma padano che corrisponde al caos cosmico. Volete la mia morte? Della Lega? Del governo e del mio amico Berlusconi? Del federalismo? Allora beccatevi questo ideogramma, allora il Caos sia.
L'ha già fatto altre volte, Bossi. Nessuna pietà per gli infedeli. Ma ora? Ormai non c'è più solo una guerra interna, è la base in rivolta contro il vecchio re. Alla corte del Cavaliere la successione potrà essere (a Dio piacendo) quella di un partito più o meno normale, di un cda che redistribuisce le deleghe. La Lega è un'altra cosa. E' un popolo, una tribù, un regno barbarico. Il legame di fedeltà è legame di sangue. Non è solo un partito popolare, nel senso del popolarismo dei preti e delle tessere. Non è un fenomeno populista, nel senso del partito di plastica o del Web. E' una storia popolana, zolle territorio e radici, fedeltà feudale al Capo. E allora, come in ogni tribù, la successione può avvenire solo con un'uccisione simbolica. La Lega è un regno barbarico, chi vuole prendersi il trono paghi il tributo del sangue. Deve prima uccidere l'animale morente. Mangiarne il cuore. E poi ammazzare i rivali, nello scontro del coltello, nel cerchio di fuoco con la tribù intorno. Per questo nella rissa della Lega, nello scontro politico duro, il sangue si impasta alle lacrime, all'affetto filiale, all'amore alla causa e alla terra, al rimorso. Stronzi e fascisti. Per questo la successione nella Lega rischia di distruggere tutto, e pone domande inquiete all'antico alleato. Perché, vada come vada, non sarà indolore.
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