Il vescovo Negri: “Altro che politica, la crisi per i cattolici è di cultura”
La maggior parte delle gerarchie della chiesa italiana ha seguito in silenzio il recente raduno che a Todi ha visto le principali associazioni cattoliche lavorare per il futuro. “La volontà”, dice al Foglio il vescovo di San Marino e Montefeltro Luigi Negri, “mi sembra una: restare un passo indietro rispetto ai laici. Spetta a loro autonomamente prendere le iniziative che ritengono più giuste. Spetta a loro impegnarsi in politica, non certo alla chiesa. Lungimirante in questo senso è stato l'intervento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Leggi Dio, il prete, il democristiano di Stefano Di Michele
La maggior parte delle gerarchie della chiesa italiana ha seguito in silenzio il recente raduno che a Todi ha visto le principali associazioni cattoliche lavorare per il futuro. “La volontà”, dice al Foglio il vescovo di San Marino e Montefeltro Luigi Negri, “mi sembra una: restare un passo indietro rispetto ai laici. Spetta a loro autonomamente prendere le iniziative che ritengono più giuste. Spetta a loro impegnarsi in politica, non certo alla chiesa. Lungimirante in questo senso è stato l'intervento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Il suo è stato un forte richiamo alla spiritualità e insieme a quell'antropologia adeguata che deve essere il faro di ogni impegno in politica. E' stato un intervento laico, perché i valori irrinunciabili che egli ha richiamato possono essere condivisibili da tutti. Occorre riaffermare che la chiesa non intende essere confinata in un ambito di puro intervento sociale. Non è un'agenzia di pronto intervento e di soluzione delle emergenze sociali, questa non è la sua natura con buona pace dei poteri forti e dei loro giornali”. E ancora: “La chiesa non si schiera con nessuno. La chiesa cerca di illuminare le coscienze e lascia poi campo libero all'intraprendenza del popolo cristiano. In questo senso chi ha parlato di un nuovo partito cattolico con la benedizione delle gerarchie è fuori strada. Non solo mi sembra non ci sia nessun partito all'orizzonte, ma neppure nessuna benedizione da parte dei vescovi”.
Non c'è bisogno di una nuova militanza dei cattolici in politica? “Voglio essere chiaro: la crisi a cui i cattolici debbono rispondere come e forse meglio di altri è anzitutto culturale, nel senso sostanziale della parola cultura: quella impostazione sostanziale della vita umana come senso, come significato, come bellezza, come giustizia, come bene. Questa cultura primaria, così la chiamava Giovanni Paolo II nell'indimenticabile allocuzione all'Unesco del 1° luglio 1980, è sostanzialmente sparita dal nostro paese. E' un vuoto che si ammanta di perbenismo, di rispettabilità, di sviscerata devozione alle istituzioni sociali da cui deriverebbero tutti i diritti quello che la nostra società vive oggi. In pratica siamo tornati all'assolutismo di stato, all'assolutismo della società, i diritti non sono recepiti dall'uomo nell'ambito della sua coscienza nel confronto aperto con il mistero, con Dio. La politica è una miseria? Può essere. Ma quale altro campo della nostra vita culturale e sociale non mostra questa miseria? Questa assenza di personalità significative, questo morire ogni giorno nella polemica politica o culturale nella banalità della cosiddetta vita privata che diventa, per gli uni e per gli altri senza molta differenza, una questione di stato. Allora io credo che la chiesa debba rifuggire la tentazione di intervenire velocemente per cercare di risolvere velocemente le cose. Questi non sono problemi che si risolvono velocemente, queste crisi hanno bisogno di un lungo processo educativo. E il processo educativo non si fa con le autostrade, il processo educativo si fa camminando per sentieri, salendo greppi, faticando giorno dopo giorno perché la cultura di base che la chiesa propone diventi forma della personalità, riferimenti valoriali ultimi, obiettivi personali, familiari, sociali”.
Monsignor Negri vede nelle devastazioni di Roma un sintomo evidente di questo vuoto che tutto pervade. Dice: “La distruzione ha colpito anche i simboli e i segni cristiani. Ci si domanda se gli sfregi perpetrati ai segni della tradizione cristiana siano l'ultimo, o il penultimo, o il terzultimo avvenimento di rifiuto plateale, concreto, violento del cristianesimo. Se, in altre parole, vedremo di peggio. E' vero: abbiamo provato tutti pena nel vedere quel ragazzo incappucciato che calpestava la Madonna. E' forse peggio di quanto avvenne il 13 maggio 1981, quando tentarono di mettere a tacere il Papa di fronte alle folle, al mondo e alla storia? Non archiviamo troppo presto tragedie di questa portata; la memoria serve a educare la nostra fede”.
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