Il portafogli dei liberal

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In America c'è soltanto un partito che se la passa peggio di quello repubblicano: il partito democratico. La sinistra è spaccata in (almeno) due litigiose correnti che a turno se la prendono con Barack Obama quando governa spostandosi al centro e quando fa campagna elettorale ammiccando a sinistra. Eppure, senza fare troppo rumore, democratici stanno vincendo la guerra dei soldi, aspetto fondamentale dell'affermazione politica a Washington.

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    In America c'è soltanto un partito che se la passa peggio di quello repubblicano: il partito democratico. La sinistra è spaccata in (almeno) due litigiose correnti che a turno se la prendono con Barack Obama quando governa spostandosi al centro e quando fa campagna elettorale ammiccando a sinistra, e all'apparenza il partito non si è mai ripreso da quella terribile notte dello scorso novembre in cui il Gop ha fatto il grande sacco del Congresso. Eppure, senza fare troppo rumore, democratici stanno vincendo la guerra dei soldi, aspetto fondamentale dell'affermazione politica a Washington.

    A settembre il Democratic Congressional Campaign Committee, la commissione che si occupa di racimolare i fondi per la campagna elettorale democratica alla Camera, ha raccolto il doppio del suo omologo repubblicano, mentre la stessa commissione al Senato ha superato di un milione di dollari la parte avversa dell'emiciclo. Il Democratic National Committee, ovvero la direzione del partito, ha raccolto 12 milioni di dollari soltanto dagli operatori di Wall Street, soldi che vanno a rimpinguare direttamente i conti elettorali per la rielezione di Obama. Il presidente, macchina da soldi perfettamente oliata, finora ha raccolto soltanto 3,8 milioni in meno dei candidati repubblicani che si sfidano alle primarie. Si parla di undici candidati – nessuno dei quali è estraneo al mondo delle  grandi corporation – contro uno.

    Nancy Pelosi, ex speaker della Camera caduta in una disgrazia politica apparentemente insolubile, sta organizzando la sua resurrezione attorno a una potente campagna di fundraising: sgravata dagli impegni istituzionali più pressanti, Pelosi ha potuto organizzare dall'inizio dell'anno 262 eventi di raccolta fondi nei quali ha raggranellato 24.4 milioni di dollari.

    La massiccia campagna repubblicana contro la spesa pubblica ha avuto l'effetto collaterale di raffreddare i donatori più ricchi e i lobbisti, anche quelli dell'area tradizionalmente conservatrice. Mentre a destra ci si affanna per rifondare una – per ora confusissima – piattaforma politica sulla quale battere il presidente uscente, a sinistra ci si limita a riempire il forziere aspettando il confronto finale. 

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