Una splendida brutta figura
Non sappiamo che farcene di buone maniere. Non è più tempo da dieci in condotta. Le buone maniere sono come l'eleganza: servono a passare inosservati. Ma l'Italia del momento non ha interesse a passare inosservata. Meglio dunque il cucù, l'impulso di farsi fotografare “ponendo cuernos a Piqué”, tirare fuori il kapò da non si sa quale fantasia cinematografica. Meglio la gaffe, la battuta da caserma, lo scandalo birichino e ragionevole.
Non sappiamo che farcene di buone maniere. Non è più tempo da dieci in condotta. Le buone maniere sono come l'eleganza: servono a passare inosservati. Ma l'Italia del momento non ha interesse a passare inosservata. Meglio dunque il cucù, l'impulso di farsi fotografare “ponendo cuernos a Piqué”, tirare fuori il kapò da non si sa quale fantasia cinematografica. Meglio la gaffe, la battuta da caserma, lo scandalo birichino e ragionevole. E meglio ancora uno scandalo adulto, spudorato e irragionevole che si infili come un cuneo nelle relazioni europee: tutto, ma non la bigia normalità, non il mesto incedere, il capo a metà reclinato.
Sarebbe davvero buona cosa il gesto stravagante, clamoroso: colpisce lo sguardo, eccita gli animi, scava nella memoria, entra nella storia.
Non ricordiamo più nemmeno i nomi dei tanti plenipotenziari algidi e levigati della politica estera sovietica: ma il tozzo, furbo contadino che si toglie una scarpa e la sbatte con forza alla tribuna delle Nazioni Unite nessuno lo dimenticherà mai. Viva dunque la gaffe, lo sberleffo, la piazzata. Chi è chiamato a ricostruire una patria sotto ogni lembo di cielo, conosce l'importanza dell'essere se stessi in ogni circostanza. Essere risolutamente italiano dunque. Chiassoso, esuberante, pronto alla bagarre per non farsi pestare i piedi. Il contrario di quella vacua esortazione a non farsi riconoscere che viene da cuori pallidi e fastidiosi cerimonieri. Che amano sentirsi dentro le culture del mondo ma si vergognano di chiedere dove poter mangiare due spaghi e di accompagnare la fatale domanda con il ben noto avvitamento del medio e dell'indice della mano destra.
Rispettare la sacralità istituzionale del luogo in cui si è, è doveroso e giusto: ma non bisogna lasciarsene intimidire. Come dire lavarsi con cura, anche sotto le ascelle, ma mai esagerare in profumi ed essenze: snaturano l'odore animale indispensabile ad affermare l'identità, a delimitare il territorio.
Non farsi ridurre a parenti poveri in gita premio dalla provincia. Non comportarsi come deputati in visita al Palais Bourbon, rosei, freschi di barbieria, con indosso impeccabili doppio petto, pedalini lunghi e mocassini di capretto rovesciato: ci sono dettagli che uccidono.
La diplomazia, si sa, ha un ritmo, regolare, e canoni certi. La politica no: può anche essere irregolare, ispida, fracassante, dissacratoria. Quando accade, spiazza, sorprende e vince. Perché rompe lo specchio, fa cadere le maschere, la patina e la polvere, riporta in primo piano la materia e le sue leggi. Non sarebbe male se nello sgangherato condominio europeo l'Italia cominciasse a comportarsi senza spirito di rivalsa, senza piaggeria e con l'orgoglio di una lunga, lunghissima storia. Che faccia uso di tutta la “mala educación” che le circostanze richiedono. E finalmente si imponga.
Il Foglio sportivo - in corpore sano