Il programma che non c'è

Claudio Cerasa

Prima le iniziative dei quarantenni. Poi l'attivismo dei giovani turchi. Quindi il documento dei trentenni, il manifesto di Nicola Zingaretti, la kermesse di Pippo Civati. E infine – da oggi – la Leopolda di Matteo Renzi. Ci sono due ragioni per cui negli ultimi tempi il mondo del centrosinistra si è ritrovato a fare i conti con quella che potrebbe essere definita una sorta di “primavera democratica”.

    Prima le iniziative dei quarantenni. Poi l'attivismo dei giovani turchi. Quindi il documento dei trentenni, il manifesto di Nicola Zingaretti, la kermesse di Pippo Civati. E infine – da oggi – la Leopolda di Matteo Renzi. Ci sono due ragioni per cui negli ultimi tempi il mondo del centrosinistra si è ritrovato a fare i conti con quella che potrebbe essere definita una sorta di “primavera democratica”. La prima ragione riguarda un interesse genuino coltivato dalle nuove leve del Pd per offrire agli elettori del centrosinistra delle risposte concrete nell'ambito del famoso tema del ricambio generazionale. La seconda ragione riguarda invece un problema che non c'entra molto con la voglia di emergere dei nuovi volti del Pd e che c'entra più con una questione con cui sta facendo sempre più spesso i conti la classe dirigente del maggior partito d'opposizione. Una questione molto delicata perfettamente inquadrata in questi giorni da alcuni autorevoli osservatori (come Franco Venturini, Stefano Folli e Angelo Panebianco) e che potrebbe essere sintetizzata con un ragionamento elementare: i capi del centrosinistra (che hanno perso molto tempo a chiedere elezioni che non arrivano, governi tecnici che non arrivano e dimissioni che non arrivano), non riuscendo a trarre profitto dalle difficoltà in cui si trova la maggioranza, hanno creato un vuoto di contenuti nel mondo dell'opposizione che le nuove generazioni stanno cercando disperatamente di riempire con tutte le loro forze. In questi ultimi giorni, lo si è visto, il problema del programma alternativo che non c'è (e se c'è si vede pochissimo) è emerso con chiarezza nelle occasioni in cui il maggior partito d'opposizione ha provato a offrire risposte in tema di politica economica.

    La politica economica sarebbe il primo punto all'ordine del giorno qualora il centrosinistra dovesse andare al governo ma proprio su questo tema le forze dell'opposizione hanno mostrato non soltanto una robusta divisione al loro interno ma anche delle posizioni più frammentate e contraddittorie di quelle già molto frammentate e molto contraddittorie espresse dalla maggioranza. E' andata così con tutte le principali partite che si sono giocate in questi ultimi mesi sulla politica economica (dalla lettera della Bce alla riforma delle pensioni passando persino per il documento sullo sviluppo inviato mercoledì scorso all'Europa dal presidente del Consiglio) e il fatto che su questi temi il Pd non riesca a mostrare un credibile profilo alternativo a quello del centrodestra ha fatto scattare, come si dice in questi casi, molti campanelli d'allarme. E dal Quirinale ai giornaloni italiani passando per la stampa internazionale alla fine tutti si stanno accorgendo che se in un momento come questo la maggior forza d'opposizione non riesce a mostrare in modo chiaro un progetto compiuto forse qualche problema c'è. Occhio: l'elenco è lungo, fate un bel respiro. “Con questa opposizione, Berlusconi è la soluzione meno peggiore”, ha scritto ieri il Wall Street Journal; “Berlusconi tiene un gran aliado en Italia: la oposición politica”, ha commentato due settimane fa El País; “Nessuna forza politica italiana può continuare a governare, o può candidarsi a governare, senza mostrarsi consapevole delle decisioni, anche impopolari, da prendere ora nell'interesse nazionale e nell'interesse europeo”, ha detto due giorni fa Giorgio Napolitano; “L'opposizione che non appare oggi meno frantumata della maggioranza sarà in grado di prendere impegni credibili?”, si è chiesto ieri sul Corriere Franco Venturini; “Dopo il voto si porrà il nodo del governo, con il rischio concreto che le ricette europee, quelle di cui si discute proprio in questi giorni con il senso drammatico della crisi, non saranno accettabili dalla nuova maggioranza”, ha scritto ieri Stefano Folli sul Sole 24 Ore; “Dopo gli scadenti risultati ottenuti dal partito nelle elezioni amministrative dello scorso maggio, gli elettori appaiono delusi da questa incertezza e preoccupati che il partito, nel caso gli venga affidato il compito di formare un nuovo governo, possa spaccarsi definitivamente”, aveva scritto del Pd una settimana fa sempre il Wall Street Journal; “Se andasse al governo, quali provvedimenti prenderebbe l'attuale opposizione? La domanda è sicuramente pertinente tenuto conto del grave stato di salute della maggioranza. Ma è destinata a rimanere priva di risposta”, ha scritto infine pochi giorni fa ancora sul Corriere della Sera il professor Angelo Panebianco.

    “Vedete – ha spiegato con sincerità
    due giorni fa proprio su questo giornale il vicecapogruppo del Pd alla Camera Alessandro Maran – la verità è che se oggi ci dovessimo trovare al governo di sicuro, almeno sui temi economici, avremmo difficoltà ad approvare riforme come quella delle pensioni che ci chiede l'Europa”. E' evidente, dunque, che nasce anche da queste difficoltà la necessità per le nuove generazioni democratiche di offrire nuovi punti di vista e nuove piattaforme programmatiche (e anche nuovi volti, va da sé) per tentare in tutti i modi di ridare ossigeno al maggior partito d'opposizione. E seppur con tutte le sfumature del caso, sia il manifesto di Nicola Zingaretti che vi abbiamo offerto ieri sul Foglio, sia il programma giavazziano dei giovani curdi, sia l'attesa kermesse di Renzi alla Leopolda, sia le iniziative dei trenta-quarantenni del Pd a Pesaro e a L'Aquila, sia l'altra kermesse organizzata pochi giorni fa da Pippo Civati e Debora Serracchiani a Bologna hanno oggettivamente trovato spazio nel dibattito quotidiano del centrosinistra anche grazie all'assenza di una risposta precisa a una domanda semplice: “Ma se un domani dovesse cadere il governo, c'è o non c'è in giro un'alternativa con le carte in regola per assumersi la responsabilità di guidare il paese?”.

    "Credo sia importante – dice Matteo Renzi al Foglio – che nell'opposizione ci sia qualcuno che con coraggio abbia deciso di muoversi per offrire il suo contributo di idee. Che quel qualcuno si chiami Zingaretti o Renzi poco importa. Qui il vero dato importante è che chi guida l'opposizione si renda conto di un fatto semplice: oggi l'alternativa non riesce a essere una vera alternativa, su questo non si discute, e se il centrosinistra vuole dimostrare a tutti, ai suoi elettori e agli osservatori, di avere le carte giuste per non farsi trovare impreparata quando guiderà il paese deve darsi una mossa. Noi ci proveremo alla Leopolda. Con le nostre idee e le nostre proposte. Se altri ne hanno è il momento che le tirino fuori”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.