Mildred Pierce
La figlia di Kate Winslet è la più colossale stronza della letteratura
La figlia di Mildred Pierce è la più colossale stronza della storia della letteratura, e guardare l'ultima puntata della miniserie, stasera su Sky, sarà uno spasso. Doloroso, perché finisce: scompaiono i vestiti di Kate Winslet, quel rossetto clamoroso, l'aria da donna solida e perduta che sa fare i conti e sa come ci si spoglia, scompare il parassita snob che lei mantiene e che quindi la considera una sguattera sexy e non una signora. Massima consolazione, oltre alle repliche.
La figlia di Mildred Pierce è la più colossale stronza della storia della letteratura, e guardare l'ultima puntata della miniserie, stasera su Sky, sarà uno spasso. Doloroso, perché finisce: scompaiono i vestiti di Kate Winslet, quel rossetto clamoroso, l'aria da donna solida e perduta che sa fare i conti e sa come ci si spoglia, scompare il parassita snob che lei mantiene e che quindi la considera una sguattera sexy e non una signora. Massima consolazione, oltre alle repliche: il romanzo di James M. Cain (“Il postino suona sempre due volte”, tra gli altri), pubblicato nel 1941, uscirà tra qualche settimana per Adelphi. “Dato che insisti, ti dirò la verità: con un po' di denaro potrò liberarmi di te, povera disgraziata, di te e delle tue crostate e dei tuoi polli e delle tue cialde e delle tue cucine e del tuo puzzo di grasso e di questa baracca e di questi schifosissimi arredi”, è l'espressione riconoscente di Veda, diciassettenne arrampicatrice sociale, verso la madre che l'ha cresciuta con cieca dedizione, da donna divorziata senza soldi all'inizio degli anni Trenta, vita di provincia nella contea di Los Angeles, cameriera in divisa di nascosto dalle bambine, con il talento delle torte da vendere a tre dollari l'una, il senso maschile per gli affari, ma “femmina in tutto e per tutto” (tanto che il furioso amore per la figlia, ricambiato con odio, nasconde ombre melodrammatiche di meschina gelosia per la bellezza, la giovinezza, perfino per il talento tanto adorato, e somiglia alla rabbia di un'amante tradita).
Una donna ambiziosa, non sofisticata, fiera delle proprie gambe sotto al grembiule e del proprio pollo con le cialde, decisa a diventare ricca. Perché non è la realizzazione personale che insegue Mildred Pierce, non è il vezzo di sentirsi una donna completa (non c'era il tempo lussuoso di pensarci), è proprio l'ambizione primaria di avere “tutto quello che vogliamo”: la casa, il pianoforte a coda, il tre quarti di visone, i vestiti mai più di cotone stampato, e altre persone, non lei, a indossare il grembiule da cameriera, e il successo. “Mildred Pierce” è appassionante perché è piena di trionfo e disgrazia, perché in lei c'è molto di speciale eppure è così impacciata, ingrassa, non sa ricevere, vive nel mondo ma non è disinvolta, non beve ma si ubriaca, è ambiziosa ma perde tutto, non è frivola ma ha il terrore di avere le gambe storte, detesta l'ozio ma si lascia sedurre dall'indolenza voluttuosa di un uomo che non ha mai lavorato e che la fa sentire inferiore, è serissima ma capace di eccitazione calda e scomposta, è piena di orgoglio ma si lascia chiamare “razza di gallina idiota” da sua figlia (e molte altre cose così perfide da diventare comiche). E' sola, ma non lo è mai davvero. Nel 1945 Mildred Pierce fu Joan Crawford (e la sceneggiatura di William Faulkner), adesso sembra che nessuna Mildred possa essere più Mildred di Kate Winslet. E nessuna figlia scapestrata, maleducata, infida, narcisista, bugiarda, anaffettiva, potrà superare in diabolica perversione la dolce, bella e viziata figlia bionda di Mildred Pierce. Non è il sogno americano, ma la competizione femminile a essere avvincente, quel garbuglio di sentimentalismo, sensi di colpa e ferocia. Sempre con un uomo mai all'altezza sullo sfondo.
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