La malasorte di Cassano e come Antonio è ritornato Tonino
Antonio Cassano è il campione della malasorte. Ogni volta che s'avvicina alla gloria definitiva deve ricominciare. Palla al centro, sempre. Ce l'ha scritto da qualche parte, come se non debba mai essere tempo per lui: se a 29 anni ti prende un ictus per quanto piccolo sia, per quanto temporaneo sia, è come se qualcuno abbia deciso di fermarti. Ehi, Antò, non sei ancora pronto. Gli è successo per colpa del carattere, per colpa di qualche allenatore, per colta di qualche intemperanza.
"Antonio Cassano ha manifestato una sofferenza cerebrale su base ischemica". E' quanto ha comunicato il Milan sul sito ufficiale, precisando che il calciatore verrà sottoposto nei prossimi giorni a un piccolo intervento di cardiologia interventistica (chiusura del forame ovale).
Antonio Cassano è il campione della malasorte. Ogni volta che s'avvicina alla gloria definitiva deve ricominciare. Palla al centro, sempre. Ce l'ha scritto da qualche parte, come se non debba mai essere tempo per lui: se a 29 anni ti prende un ictus per quanto piccolo sia, per quanto temporaneo sia, è come se qualcuno abbia deciso di fermarti. Ehi, Antò, non sei ancora pronto. Gli è successo per colpa del carattere, per colpa di qualche allenatore, per colta di qualche intemperanza. Ora gli tocca per la salute. Fermo in un letto d'ospedale, Cassano torna Tonino, neanche Totò, come lo chiamavano a Roma e ora lo chiamano a Milano. Tonino è l'infanzia, è la sfortuna di nascere in un posto iellato come può essere Bari. Bloccato dove non può essere se stesso, Cassano è un ragazzo qualunque che si trova di fronte a una cosa che a 29 anni non puoi pensare che ti possa capitare. Gli arrivano le telefonate di Moratti e degli altri, i messaggi di Totti e gli altri, le visite di Materazzi, Pato e gli altri. Una processione che significa affetto e però pure terrore: l'idea che non possa tornare a giocare uno che è stato sempre lì per diventare il numero uno senza mai riuscirci fino in fondo, è la suggestione malevola che accompagna queste ore. Perché i bollettini veri o presunti, le diagnosi vere o presunte, è questo il punto: tornerà in campo? Giocherà ancora? E come giocherà? Come farà? Domande, sì. Quelle che Tonino odia: ha sempre avuto bisogno di certezze, non di punti interrogativi. Al di là della condizione di salute è questo quello che alimenta il suo buio: sapere di non sapere. Sapere di che c'è una possibilità, anche una sola, che la carriera possa essere interrotta, oppure persino finita.
Eccola la malasorte, ecco Icaro: se si avvicina al sole deve cadere. Cassano è caduto per errori personali: a Roma, a Madrid, a Genova. Milano, quest'anno, gli ha dato le altre ali, lui se le è messe, ha cominciato a sbatterle, è andato su, ai livelli dove non può diventare quello che Tonino ha sempre voluto: uno di quelli che vincono da protagonisti. Il Milan, l'hanno detto Allegri, Galliani e compagni, in questa stagione potrebbe essere suo. Come a dire: hai la forza, il morale, la testa per trascinarlo. E trascinare il Milan non è come trascinare la Samp: significa giocarsela in Italia e in Europa per vincere. Così la Nazionale, quindi il paese. Invece no: vigliacco, il sole. Vigliacco il cervello o qualunque altra parte del corpo gli abbia rotto le scatole in questo momento.
Antonio non dice nulla, la famiglia neanche, il Milan neppure. E' tipico di un giocatore e di un ragazzo che nel privato non ha mai fatto entrare nessuno. Nasconde la sua vita come il pallone a un avversario abbiamo scritto sette anni fa. Era un'epoca da scapestrato, da lacrime post Europeo di Portogallo e lacrime da incompreso a Roma. Sono cambiate molte cose da allora, non questa: Cassano non ti fa entrare dove c'è tutto quello che non si vede, dove finisce l'esuberanza da campo e da palcoscenico, dove non ci sono più le imitazioni, gli scherzi, le provocazioni. In ospedale non c'è questo. C'è un giocatore e un giovane uomo che è stato fermato da una cosa incomprensibile, da un caso che la statistica contempla per gli esseri umani, non per quelli che sono sotto controllo costante. L'imprevisto, come una finta, come una veronica. Uno-due senza pallone, sapendo che il pallone è il pensiero costante: non si può immaginare un calcio senza Cassano, adesso. Neanche il più razionale degli scienziati, neanche il più inflessibile dei medici. Figuriamoci lui, figuriamoci noi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano