Sirene in azione a Tel Aviv

“Day after” in Israele, prove di guerra e difesa contro l'atomica iraniana

Giulio Meotti

Gli strike contro le installazioni atomiche iraniane sono su tutte le prime pagine dei giornali ebraici, ma in Israele c'è anche un lavorìo pratico, di massima allerta, per salvaguardare la popolazione civile. Le notizie che filtrano dall'intelligence sono laconiche ma pregnanti: non se ne parla di bombardare Teheran durante l'inverno, il clima non è buono. Intanto c'è una preoccupante frenesia di autodifesa, segno che il governo Netanyahu ha accelerato i piani da qualche settimana.

    Gli strike contro le installazioni atomiche iraniane sono su tutte le prime pagine dei giornali ebraici, ma in Israele c'è anche un lavorìo pratico, di massima allerta, per salvaguardare la popolazione civile. Le notizie che filtrano dall'intelligence sono laconiche ma pregnanti: non se ne parla di bombardare Teheran durante l'inverno, il clima non è buono. Intanto c'è una preoccupante frenesia di autodifesa, segno che il governo Netanyahu ha accelerato i piani da qualche settimana. Ieri, mentre l'esercito testava Jericho III, il missile che porta testate nucleari e che può colpire le centrali iraniane, la popolazione di Tel Aviv per la prima volta da molti anni è tornata a sentire le sirene. Hanno suonato alle 10.05 nel Gush Dan, che ospita un quarto di tutta la popolazione.

    Un'esercitazione di massa “Nbc”, pericolo nucleare, biologico e chimico. I tre incubi d'Israele. Si sa che la Siria ha agenti chimici patogeni, fra cui il “VX”, il gas sarin che brucia la pelle e soffoca. Potrebbe anche averli dati a Hezbollah. Israele ha messo a punto sirene speciali per i missili che possono portare armi chimiche. Matan Vilnai, ministro per la Difesa interna, ha fatto sapere che in caso di guerra con Teheran “non ci sarà distinzione fra il fronte e le retrovie”. Il pronostico è fosco: “Mille missili al giorno, per un mese, senza un attimo di respiro”. Dopo la guerra del 2006, il paese è stato munito di oltre tremila sirene. Ieri Israele ha simulato la morte di 400 persone in un solo colpo a causa di missili a lunga gittata. Si teme per la centrale elettrica di Reading: se colpita, fermerebbe il paese. Ci sono teatri, come l'Habima, che sotto terra accoglieranno migliaia di persone.

    A Safed, località strategica in caso di attacco di Hezbollah, si costruisce il primo ospedale-bunker al mondo per bambini. Anche la Knesset, il Parlamento, ha sperimentato i rifugi. Il governo ha invece una “località segreta” nelle montagne della Giudea. Si è cominciato a discutere un piano di evacuazione per Ramat Gan, la vasta periferia di Tel Aviv su cui caddero i missili nel 1991. Si parla dello sgombero di decine di migliaia di persone verso il deserto del Negev, dove devono essere approntate ampie tendopoli.

    Fra le misure di difesa, Israele ha messo a punto un sistema della compagnia Ericsson che farà apparire su tutti i cellulari e cartelloni pubblicitari l'allarme “in tempo utile” per cercare un rifugio. Gli ospedali hanno già i piani per la disinfestazione e le grandi emergenze. Lo Yamam, la polizia antiterrorismo, si organizza velocemente in funzione dei nuovi scenari, come attentatori suicidi con “bombe sporche”. Le industrie più sofisticate, come la Bezec, la maggiore impresa di telefonia, assieme alle banche si stanno attrezzando con tecnologie di sostituzione in caso di collasso generale del paese. Si distribuiscono depliant dai titoli emblematici, come “spazio protetto”, “equipaggiamenti necessari”, “siringa”, “centri di aiuto”, “economia di emergenza” e “provviste”. Ogni casa diventerà un fronte. Si dovranno sigillare con la plastica porte e finestre, verificare i telefonini, le radio, i computer.

    Il giornale Yedioth Ahronoth ha raccontato anche di un gigantesco rifugio antiatomico alle porte di Gerusalemme, sull'esempio di quelli costruiti negli Stati Uniti negli anni più cupi della Guerra fredda. Una cittadella sotterranea e fortificata, dove troveranno rifugio, se dovesse arrivare il fatidico momento, i politici e lo stato maggiore della Difesa per assicurare il governo del paese. “E' una cosa da film di Hollywood, ti muovi con sgomento, sapendo che è da questo posto che sarà governato il paese”, ha raccontato al giornale una fonte governativa. Nel cuore della montagna vicino a Gerusalemme è stato scavato un tunnel lungo due chilometri, alto una decina di metri, che sfocia in un'enorme caverna. Il “day after” d'Israele è già iniziato.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.