Centouno modi per far soffrire gli uomini almeno una volta nella vita

Annalena Benini

Premessa: in giorni di grande confusione politica ci si sente vagamente disinibiti e liberi di abbandonare la correttezza, il buon senso, la responsabilità etica, il romanticismo e il perdono. A un certo punto, la cosa più importante per una donna è rendere un inferno la vita di un uomo. Non importa se sia per conquistarlo, dominarlo, avvertirlo dei suoi comportamenti sbagliati, o per vendetta: quel che conta è farlo soffrire, prima in modo dolce e sottile, poi, se il maledetto ha straziato il cuore di una signora e ha fatto naufragare i suoi progetti, la sofferenza deve aumentare di intensità.

    Premessa: in giorni di grande confusione politica ci si sente vagamente disinibiti e liberi di abbandonare la correttezza, il buon senso, la responsabilità etica, il romanticismo e il perdono.

    A un certo punto, la cosa più importante per una donna è rendere un inferno la vita di un uomo. Non importa se sia per conquistarlo, dominarlo, avvertirlo dei suoi comportamenti sbagliati, o per vendetta: quel che conta è farlo soffrire, prima in modo dolce e sottile, poi, se il maledetto ha straziato il cuore di una signora e ha fatto naufragare i suoi progetti, la sofferenza deve aumentare di intensità.

    Per questo le quattro fasi (contenute nel manuale di Daniela Farnese, “101 modi per far soffrire gli uomini”, Newton Compton) si differenziano per crudeltà, e la vendetta è lo stadio in cui l'inferno prende una forma maggiormente infernale: eliminare i file del suo computer, cancellargli la rubrica dal cellulare, versare bevande zuccherate sulla tappezzeria dell'automobile, lasciare un po' di colla sul volante, spegnere la sigaretta sui sedili, buttare l'iPod nel water, vendere su eBay il suo pallone totemico firmato da qualche stella del calcio, sputtanarlo, far girare la voce di una disfunzione erettile (la mia preferita però è quella del post convivenza: chiudere le utenze e andarsene).

    Staccare acqua, luce, gas, linea telefonica, Adsl ma soprattutto interrompere l'abbonamento a Sky, costringendolo a lottare contro un frigo che si sbrina e a “occupare il tempo che non passa più con noi in fila alla posta per spedire le numerose raccomandate che gli permetteranno di poter di nuovo accendere la tv e farsi una doccia”. Non c'è salvezza in questi centouno modi, e nemmeno pietà, solo qualche piccolo premio quando il fidanzato, amante, marito dà prova di buon comportamento (ma appena si lascia andare a eccessivo egocentrismo, bisogna procedere con il punto numero ventotto: il massacro dell'autostima. Amplificare con grazia i suoi difetti, mettere in luce con noncuranza i fallimenti, ricordargli la volta in cui si è fatto truffare da un venditore ambulante, chiedergli: ma stai perdendo i capelli?).

    “Infliggere sofferenza al maschio è una necessità sociale, è una richiesta di riequilibrio da parte dell'universo. Ogni volta che lo Yang sbaglia, lo Yin deve randellarlo perché l'armonia ritorni”. Il più delle volte basterà soltanto immaginare le crudeltà (inscenare un malore e farsi portare al pronto soccorso quando c'è la partita, dirgli che non è vero che le dimensioni non contano, diventare come sua madre, tirargli una gomitata a tradimento a letto quando si è appena addormentato) per sentirsi molto meglio. In ogni caso, qualunque sofferenza gli venga inflitta, lui sa perché.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.