Lo spread tra la rilevanza dei cattolici in politica e la loro corsa al centro
Ci fu il tempo della Dc, poi ci fu il tempo di una differente ma efficace strategia di rilevanza dei cattolici, quella ruiniana dello schierarsi sia di qua sia di là nel bipolarismo avendo come obiettivo principale la difesa dei fondamentali etici. Il sospetto che questo schema si stesse usurando, in parallelo all'usura del berlusconismo, è andato crescendo nel tempo fino a dare l'idea, in occasione del convegno di Todi, di essere pronto a tracimare in una “nuova stagione” politica: all'insegna, se non di un partito unico da tutti sempre escluso, di un nuovo spirito centrista.
Ci fu il tempo della Dc, poi ci fu il tempo di una differente ma efficace strategia di rilevanza dei cattolici, quella ruiniana dello schierarsi sia di qua sia di là nel bipolarismo avendo come obiettivo principale la difesa dei fondamentali etici. Il sospetto che questo schema si stesse usurando, in parallelo all'usura del berlusconismo, è andato crescendo nel tempo fino a dare l'idea, in occasione del convegno di Todi, di essere pronto a tracimare in una “nuova stagione” politica: all'insegna, se non di un partito unico da tutti sempre escluso, di un nuovo spirito centrista.
Ma a Todi, era stato il presidente della Cei in persona, Angelo Bagnasco, a riportare (o almeno a dare l'impressione di farlo) la chiesa nell'alveo del ventennale bipolarismo ruiniano, tracciando sul terreno la linea di demarcazione tra impegno politico e pre-politico, escludendo ogni ricostituzione di partito confessionale e spiegando che non è la chiesa a fare e disfare i governi. Le cose sono poi precipitate più in fretta, gli stessi protagonisti di Todi ammettono che le loro visioni erano più in campo lungo e che non sono pronte ipotesi politiche da poter gettare in un'eventuale mischia elettorale.
Sia come sia, l'editoriale di Avvenire di ieri firmato da Marco Tarquinio dà la sensazione che la chiesa ha colto il senso dell'emergenza, e deciso di mettere da parte, almeno temporaneamente, il vecchio schema. Per il direttore del giornale di vescovi serve “una risposta che certamente non coincide con quella della fuga verso le urne anticipate”, siamo a un passaggio che “può essere vissuto come ultimo atto del bipolarismo furioso”. Sarebbe sbagliato leggere l'editoriale di Tarquinio come una sconfessione di quanto detto solo poche settimane fa da Bagnasco a Todi.
Sarebbe banale rilevare che all'interno della gerarchia ci sono punti di vista diversi. Ma bisogna riflettere sul significato politico di una scelta che mostra di raccordarsi alla prospettiva di governo tecnico cara a certi ambienti istituzionali, o poteri neutri. La gerarchia, ispirata alla sua prudenza pre-politica, sceglie di non contraddire quello che appare essere per l'Italia il tumultuoso e inarrestabile flusso della corrente, nelle strette di una guerra mondiale dei mercati di cui la chiesa, vedi anche le recenti parole di Benedetto XVI, è tutt'altro che inconsapevole.
Resta ovviamente il problema del che fare, nel brevissimo e nel medio tempo. Roberto Formigoni, che da tempo coltiva il progetto di forgiare il Pdl in un Ppe a trazione cattolica, e non intende apparentemente rinunciarvi, ieri ha però detto: “Andare a elezioni anticipate nelle attuali condizioni drammatiche per l'economia sarebbe un grave danno per l'Italia”, chiedendo a Berlusconi “di esplorare tutte le possibilità, nessuna esclusa” per un un “governo per l'Italia”. Dell'opa centrista sui cattolici di Casini si sa, la festosa convergenza al centro delle altre frange ex dc è la cronaca di ieri. Dei ripensamenti dell'Azione cattolica sulla antica “scelta religiosa” dà conto Paolo Rodari in questa pagina. Se tutto questo possa aiutare a evitare l'allargamento dello spread tra i cattolici e la loro rilevanza politica, è il dibattito in corso nella chiesa.
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