Se non l'attacco, allora sanzioni contro l'Iran. Ma non arriveranno

Daniele Raineri

Il rapporto delle Nazioni Unite dice che l'Iran non ha mai smesso di lavorare alla bomba atomica: la scoperta di simulazioni al computer e di test pratici sui detonatori nucleari, dell'arricchimento dell'uranio in un sito nascosto nel sottosuolo vicino Qom e di prove per adattare la testata di un missile balistico a portare una bomba nucleare non hanno altra spiegazione possibile. La settimana scorsa è trapelata la notizia che il governo di Israele è pronto a ricorrere entro breve all'opzione militare, mai lasciata cadere

    Il Cairo, dal nostro inviato. Il rapporto delle Nazioni Unite dice che l'Iran non ha mai smesso di lavorare alla bomba atomica: la scoperta di simulazioni al computer e di test pratici sui detonatori nucleari, dell'arricchimento dell'uranio in un sito nascosto nel sottosuolo vicino Qom e di prove per adattare la testata di un missile balistico a portare una bomba nucleare non hanno altra spiegazione possibile. La settimana scorsa è trapelata la notizia che il governo di Israele è pronto a ricorrere entro breve all'opzione militare, mai lasciata cadere: bombardare i siti iraniani con un attacco preventivo, che oggi però è più difficile di quanto non lo fosse stato nel 1981 contro il singolo e non protetto reattore nucleare di Osirak, a sud di Baghdad, in Iraq. Per questo il governo di Israele ha scelto di non rispondere subito al report, “per valutare a fondo le informazioni e per vedere quale sarà la reazione internazionale”. Gerusalemme si aspetta l'arrivo di “sanzioni letali” contro Teheran, che siano più efficaci dei quattro round di sanzioni internazionali adottati finora e che non si sono dimostrati efficaci.

    Queste misure, definite anche “crippling”, storpianti, avrebbero dovuto colpire in profondità due obiettivi: l'import-export di greggio e la Banca centrale iraniana. Ma due giorni fa, poche ore prima che uscisse il report, l'Amministrazione Obama ha messo le mani avanti e ha detto che non procederà né contro la banca né contro il mercato del greggio. Non ci saranno sanzioni più efficaci, ma, sperano gli americani, sanzioni più estese, con l'allargamento del fronte dei partecipanti anche a partner commerciali chiave dell'Iran come i regni del Golfo, il Giappone, la Corea del sud. Ieri Francia e Germania hanno chiesto una seduta d'urgenza del Consiglio di sicurezza per decidere.

    Un fronte delle sanzioni contro l'Iran o è compatto o non è. E ieri Cina e Russia hanno confermato che non sono disposte a imporre sanzioni contro l'Iran assieme al resto della comunità internazionale. Mosca ha definito il rapporto Aiea “di parte” e “una compilazione politicizzata di fatti già noti”. Nel pomeriggio una nota del viceministro degli Esteri, Gennady Gatilov, diceva: “Ogni sanzione addizionale sarà vista come uno strumento di regime change in Iran. Quest'approccio è inaccettabile per noi, la Russia non intende considerare proposte di questo tipo”.
    Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, dice che Pechino sta studiando il rapporto Aiea e che reitera il suo appello a risolvere la questione con il dialogo. In un commento, l'agenzia di stato Xinhua ha definito il rapporto “privo di una smoking gun”, ovvero di una prova decisiva. “Non esistono prove fisiche o testimonianze per affermare che l'Iran stia costruendo un'arma atomica – dice Hong Lei – nell'affrontare la questione dell'Iran nucleare è estremamente pericoloso affidarsi a sospetti e le conseguenze distruttive di un qualsiasi intervento armato durerebbero per lungo tempo”. La protezione cinese è dovuta non soltanto al principio di non interferenza, ma anche a relazioni economiche in forma smagliante. Teheran è il terzo fornitore mondiale di petrolio per l'economia famelica della Cina e lo scambio commerciale bilaterale tra i due paesi è cresciuto del 58 per cento nei primi nove mesi del 2011, secondo dati forniti dalla stessa Pechino.

    Washington è riluttante ad approvare sanzioni più drastiche, per paura di uno scontro diplomatico con i suoi alleati. Bloccare i rapporti con la Banca centrale di Teheran e gli investimenti nel campo dell'energia sono passi che potrebbero ripercuotersi sulle economie dei singoli stati, e i tempi di crisi non lo permettono.
    La scorsa settimana alla Camera il comitato per gli Esteri ha approvato una proposta di legge per indurire le sanzioni bilaterali, negando il visto americano a chi fa affari con il settore energetico iraniano. Ieri Teheran ha rigettato il report con il consueto tono di minaccia: “Vergogna per l'Aiea, non devieremo di uno iota dalla strada verso il nucleare”, ha detto il presidente Mahmoud Ahmadinejad.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)