Non chiamiamolo direttorio
Quella di Merkozy è una guerra per lo spazio vitale dichiarata da due pasticcioni
Prima ne ha fatta un'altra delle sue, ha detto che Netanyahu è un bugiardo e Papandreou un pazzo depresso, Dio ci scampi se una gaffe del genere l'avesse fatta il Cav. Poi come niente, forte di un piccolo ma significativo rimbalzo della popolarità, ha ripreso la ben nota postura. Del protettore della patria, del co-gestore avvertito dell'Europa.
Prima ne ha fatta un'altra delle sue, ha detto che Netanyahu è un bugiardo e Papandreou un pazzo depresso, Dio ci scampi se una gaffe del genere l'avesse fatta il Cav. Poi come niente, forte di un piccolo ma significativo rimbalzo della popolarità, ha ripreso la ben nota postura. Del protettore della patria, del co-gestore avvertito dell'Europa. Si guarda sempre però dal dire ai francesi che per evitare il rischio di diventare appendice demografica della Baviera ci vorranno anni e sangue. Sempre ostile culturalmente alla parola rigore, ora che proprio non può farne a meno, ha scelto una soluzione che i nostri detrattori direbbero all'italiana: farlo senza dirlo, farlo a dosi omeopatiche, farlo fare a un altro, nello specifico al primo ministro che serve soprattutto a prendere i colpi. Ha ribadito che alla Francia basterà raggiungere il pareggio del bilancio nel 2016, tre anni dopo l'Italia, che l'età minima pensionabile passerà da 60 a 62 anni entro il 2018. Anche che più della metà del pil vada in spesa pubblica, gli sta bene. Una sola cosa gli interessa ora, non ammettere debolezze, restare abbracciato al rating come a un totem facendo scongiuri perché, se poco poco una A salta o si becca un meno, salta anche la rielezione. Nicolas Sarkozy insomma in tutto il suo splendore, quell'immagine di pavone dallo sguardo un po' languido e un po' fesso con cui il Courrier International ha condensato un vasto corredo di articoli dedicati dalla stampa estera alla situazione francese.
Dobbiamo però perdonare almeno in parte il presidente. Dovrà verosimilmente affrontare fra qualche mese un candidato socialista, che vuole riportare l'età pensionabile a 60 anni, promette rigore nella gestione delle finanze pubbliche senza specificare come e dove e annuncia che in caso di vittoria creerà d'acchito sessantamila nuovi posti di insegnante sulla cui copertura si sta scervellando da settimane: Nicola Sarkozy e François Hollande, una coppia che dice molto sullo stato dell'arte. Abbiamo avuto anche noi venti anni, abbiamo quindi fatto in tempo a vedere all'opera i De Gaulle e gli Adenauer, i Giscard e gli Schmidt, i Mitterrand e i Kohl: non permetteremo a nessuno di dare a questi di oggi la patente di leader politico lungimirante e determinato, e alla pletora bruxellese, per monitorare l'Italia sono scesi addirittura in dodici, il certificato del tecnocrate sobrio e disinteressato, del civil servant europeo. Forse non saranno la “racaille”, gentaglia, del titolo, che di solito è insulto sociale dall'alto verso il basso. E a cui semmai sarebbe da preferire “caillera”, la trasposizione in verlan, la lingua rovesciata e identitaria di sfigati e marginali della banlieue perché ormai così ci vedono da Parigi, da Bruxelles. Ma quello che è certo è che davvero non sono un granché. Questi che danno lezioni e chiedono agli altri decisioni non facili in tempi record sono gli stessi che con il debito greco ci hanno giocato come nelle filastrocche infantili, “à tu me tient je te tiens par la barbichette”, finendo per pagare dieci volte di più che se fossero intervenuti in tempo utile. Sono gli stessi che non solo negano l'utilità degli Eurobond ma dopo mesi e mesi non sono stati nemmeno in grado di mettere il Fondo salvastati in condizioni efficaci di partenza. Questi che danno lezioni di coraggio e verità sono gli stessi che mentono consapevolmente quando parlano di se stessi a casa loro. Anche la Merkel, anche la cancelliera. Si comporta come il commissario capo del continente. All'ex premier greco Papandreou che fa le bizze e vorrebbe un referendum sul piano di salvataggio dice seccamente di non provarci nemmeno e si becca le vignette satiriche con la svastica. Agli italiani che sono comunque più tosti, non ordina ma suggerisce o consiglia vivamente e trova chi per lei suggerisce e consiglia, i circoli Pickwick della finanza, i grandi quotidiani padronali come Handelsblatt e d'incanto il coro “datece er tennico” prende le fattezze del prestigioso bocconiano.
Dobbiamo però almeno in parte perdonare la cancelliera. E' sì commissario-capo del continente, tempo un anno porrà condizioni draconiane anche al presidente francese chiunque verrà eletto, ma è commissariata a sua volta. Dalle banche, le venti più grandi in Europa detengono titoli privati spazzatura residuali per un montante che è almeno il doppio dei titoli di stato. Dai länder da cui dipendono di fatto le banche e il Parlamento. Dai barbosi rentiers che pesano sui länder e vanno in giro con il misuratore di spread e inflazione perché non intendono che il mattone, le cedole e i patrimoni perdano anche la minima parte del loro valore. Non è solo brutta cultura vecchia di un secolo: è purtroppo anche l'egoismo dannatamente materiale di chi ha perso la sfida dell'export con la Cina e anziché accettare che la Bce sia qualcosa di diverso dalla Bundesbank mantiene attiva la propria bilancia commerciale ai danni di tutti gli altri partner europei. E' una guerra per lo spazio vitale riproposta in altre forme: con il risultato di fare dell'Unione “il tacchino del pianeta” come ha detto un analista francese. Nell'immediato dobbiamo piegare la testa, altro non si può fare. Ma almeno non si parli più di direttorio. E di direttori unici della coscienza europea.
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