La sovranità popolare non fa bene solo alla Germania, va ripristinata anche qui

Machiavellianamente gli stati si dividono in principati, oligarchie e democrazie: “nature” da non mischiare pena l'impossibile assunzione di responsabilità da parte dei cittadini (o dei sudditi), base della salute della nazione. Nei Settanta persino dentro la Trilateral si dubitava sul futuro della democrazia, in ritirata nel mondo e difficile ad adattarsi alla “complessità”.

Poi dopo i Novanta il successo di India e Brasile (e anche polacco) ha rilanciato il fattore democratico come base dello sviluppo. Anche se c'è chi guarda alla oligarchia militare cinese come perfetta programmatrice. In Europa i tedeschi, passati per fortuna da guerrieri a bottegai ma sempre con tendenza Reich, ritengono che la sovranità popolare valga solo in Germania, il resto va diretto da tecnocrazie. Questa linea ha già irritato Londra.

Quando ad aprile se ne va il marito di Carla Bruni qualche grigio ma onesto socialista riprenderà la bandiera francese della sovranità popolare. Qui da noi Mario Monti non diventerà mai un “principe”: la sua inopportuna supponenza nasconde vanità e fragilità, non leadership. I banchieri che lo sostengono sembrano più una borghesia compradora da Shanghai d'Ottocento che una signoria medicea. I pm che gli hanno aperto la via sono una casta feudale in permanente litigio non il classico efficace “corpo” golpista. Perciò è urgente ridare la parola al popolo: magari astrattamente ci sarebbero soluzioni migliori, ma – da segretario fiorentino – non serve a niente rincorrere realtà virtuali.

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