“Tutto rischia di diventare tedesco e francese”. La Lega si ribella e dice “no”
“Il cambiamento del Pdl segna una rottura con la Lega che ci assegna un ruolo all'opposizione. Oggi si è interrotto il percorso iniziato nel 1994”. Questo ha dichiarato Roberto Maroni, ieri sera. Si riparte da capo. E (magari) si torna alle origini. Dimostrando così a tutti – elettori, alleati e avversari – che la democrazia non può essere sostituita dalla tecnocrazia. Archiviati momentaneamente i dissidi interni, la Lega Nord si mostra compatta e nuovamente orgogliosa della propria identità politica.
“Il cambiamento del Pdl segna una rottura con la Lega che ci assegna un ruolo all'opposizione. Oggi si è interrotto il percorso iniziato nel 1994”. Questo ha dichiarato Roberto Maroni, ieri sera. Si riparte da capo. E (magari) si torna alle origini. Dimostrando così a tutti – elettori, alleati e avversari – che la democrazia non può essere sostituita dalla tecnocrazia. Archiviati momentaneamente i dissidi interni, la Lega Nord si mostra compatta e nuovamente orgogliosa della propria identità politica.
E in questo momento di frana non solo del centrodestra, ma della politica italiana in quanto tale, succube alle tecnocrazie europee, il fatto fa notizia. Dopo aver chiesto di tornare a votare, pur sapendo che il partito padano sarebbe stato punito alle urne, ora la Lega alza la voce. E dopo aver disertato le consultazioni per la formazione del nuovo governo, volta le spalle a Roma. Regala ai militanti la scelta di essere di nuovo un partito di lotta, che se ne frega delle cadreghe e riprende la propria vocazione politica, oltre che territoriale. Dalla base ai vertici, i leghisti sembrano essere tutti d'accordo: il governo di Mario Monti è un golpe. C'è chi dice: “Per la Lega si apre una sconfinata prateria”, e chi tira un sospiro di sollievo perché si torna a fare la Lega di lotta, senza più arrovellarsi nelle contraddizioni della Lega di governo. Come ha scritto Stefania Piazzo sulla Padania (che ha rievocato una vecchia frase di Bossi sull'entrata dell'Italia nell'eurozona: “Tutto ciò che è nostro, rischia di diventare tedesco e francese”), ora la Lega può mostrare agli altri partiti, di aver preconizzato ciò che sta accadendo.
Ecco perché il Senatùr ha deciso di riaprire il Parlamento del Nord e insiste di nuovo sul concetto – politico più che geografico – della Padania: per dire a tutti i suoi elettori che la Lega vuole “difendere la sovranità popolare, che non può essere sostituita dalle oligarchie finanziarie”, come si può leggere sulla Padania. “Il governo deve essere scelto dai cittadini”, ha affermato il governatore del Piemonte, Roberto Cota. Più pacato il commento del governatore veneto Luca Zaia, che invece ha dichiarato: “Staremo a guardare, come ha detto giustamente Umberto Bossi. Valuteremo di volta in volta, ma se il federalismo non diventerà realtà e ci saranno solo manovre dopo manovre non si andrà da nessuna parte”.La decisione leghista di tornare all'opposizione piace ovviamente soprattutto ai sindaci, che avevano dovuto piegare la testa davanti ai tagli (e ora sorridono beffardi all'idea - smentita - che Giulio Tremonti, isolato, abbia chiesto la tessera della Lega come una specie di laurea ad honorem).
“La Lega è un partito diverso dagli altri e non rinuncia alla sua missione: difendere il territorio e gli interessi dei suoi elettori”, dichiara entusiasta Attilio Fontana, sindaco di Varese. “Certo, alcuni sono scoraggiati”, spiega Matteo Bianchi, sindaco di Morazzone, in provincia di Varese, seguace di Roberto Maroni, “perché eravamo a un passo dal federalismo, e in futuro ci ripresenteremo ai nostri elettori con le mani quasi vuote, ma non avremmo mai potuto accettare un governo sostenuto dai banchieri: il nostro popolo non l'avrebbe mai accettato”. Insomma, i leghisti gonfiano il petto, quasi tutti convinti di aver dato prova di onestà intellettuale, che permetterà al movimento di rafforzarsi di nuovo. Il mantra che ripetono tutti, colonnelli e soldati è questo: “Ci siamo tirati fuori, abbiamo rotto gli schemi perché non vogliamo rinunciare alla nostra identità”. Anche se alcuni sono infastiditi dalla perdita dei propri privilegi che potrebbero non avere mai più. Certo, qualcuno guarda oltre e pensa alle difficoltà del nuovo percorso intrapreso, e cioè quello di un'“opposizione responsabile”, come ha detto Roberto Maroni, che tornerà capogruppo a Montecitorio.
“Negli ultimi mesi abbiamo patito scelte non sempre condivise con i nostri alleati e abbiamo dovuto accettare decisioni difficili da digerire”, chiosa Flavio Tosi, sindaco di Verona che ha un approccio più moderato verso il governo tecnico, “ma ora abbiamo un solo obiettivo: difendere la nostra gente. Penso che non dovremo dare una cambiale in bianco al nuovo governo, ma neanche fare un'opposizione a prescindere. Dovremo valutare con ponderatezza. Ecco perché si riparte dal Parlamento del Nord: per riformulare una nuova strategia, che però è sempre uguale a se stessa: la vocazione territoriale”.
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