Chi è Rifkin, il guru pacifista che vuole dare consigli pure a Monti
Neanche il tempo materiale di insediarsi sullo scranno, che già il nuovo premier incaricato Mario Monti è stato oggetto di attenzioni da parte di uno dei personaggi più grotteschi che esistano, Jeremy Rifkin. Il guru del pacifismo globale, si è subito attivato propinando pubblicamente a Monti il suo diktat in materia economica: "Puntare tutto sulla green economy".
Neanche il tempo materiale di insediarsi sullo scranno, che già il nuovo premier incaricato Mario Monti è stato oggetto di attenzioni da parte di uno dei personaggi più grotteschi che esistano, Jeremy Rifkin. Il guru del pacifismo globale, si è subito attivato propinando pubblicamente a Monti il suo diktat in materia economica: "Puntare tutto sulla green economy".
In parte Rifkin ha ragione, perché il suo impegno sociale in materia green e salutista, iniziato ufficialmente nel 1969 con la fondazione del gruppo Citizens Commission, gli ha fruttato una visibilità mediatica incredibile: unita ai discreti capitali che passano annualmente per le sue abili mani, è facile intuire l'importanza del personaggio in questione. Le sue battaglie, per peso specifico, connotano una vaga somiglianza con quelle anticlericali del disinvolto Dan Brown, tanto che ogni pubblicazione di Rifkin diventa un best-seller per definizione, nonostante malloppi che in tempi di minore sensibilità ecologica collettiva non avrebbero attirato alcun editore, altro che milioni di copie vendute e tradotte in oltre venti lingue.
Jeremy scrive molto bene. Il fatto che sia diventato miliardario cavalcando l'onda propizia di argomenti demagogici e populistici (cultura vegetariana, crosta terrestre e amenità comparabili), è però una questione del tutto secondaria. Mescere assurdità in prosa meravigliosa e lineare è quanto basta per farsi proclamare i re di una nuova mentalità corretta da adottare, a discapito dei capitalisti cattivi e beceri. Non si sa dove finisce il consenso e dove inizia l'effetto moda, in questo caso; biblioteche e librerie americane degne di questo nome, capiscono che non ospitare i libri di Rifkin è un brutto biglietto da visita.
A lui si devono alcune polemiche decisamente basse. Una su tutte quella del vegetarianismo militante, del quale si è fatto portavoce nel 1992 lanciando un pesante J'accuse contro "la terrificante cultura della bistecca" con il suo saggio "Ecocidio", presto trasformato in una sorta di testo sacro del pensiero animalista.
Il suo profilo professionale è lanciato dalla livorosa invettiva dal 1995, con il libro campione di copie vendute "La fine del lavoro: il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato", in cui il miliardario americano assicura la fine definitiva del lavoro entro l'anno 2000, ipotizzando il totale sopravvento delle macchine sull'essere umano. Come ogni profezia catastrofista che si rispetti, un colossale buco nell'acqua.
L'ultima opera di saggistica firmata da Rifkin appare stranamente meno Orwelliana delle precedenti. Con "La civiltà dell'empatia", datato 2010 ma ripubblicato da Mondadori appena qualche mese fa, lo studioso dimostra una capacità di rielaborazione assolutamente non comune. Nella distanza che intercorre tra empatia ed entropia, le tesi sono infarcite di complottismi, cattivi propositi e giudizi quantomeno curiosi su personaggi arcinoti: Freud è un "vergognoso maschilista", il linguista Noam Chomsky un "antropocentrica", Adam Smith un "inguaribile altruista".
Per l'inquadratura finale del personaggio, le comparsate in video: oltre ad essere opinionista di illustri quotidiani come il britannico "The Guardian" e lo spagnolo "El Pais", Jeremy Rifkin è anche protagonista di uno dei Dvd promossi e realizzati da Beppe Grillo, che con l'ausilio di Greenpeace ha editato "Terra Reloaded", documentario che per 69 minuti demonizza il nucleare assurgendo alla gloria terrena il business dell'energia ecocompatibile. Ma c'è di più. In quasi tutti i comunicati ufficiali redatti da società a lui vicine, Rifkin viene appellato come Premio Nobel per l'economia. Come è facilmente verificabile, dal 1901 ad oggi nessun Nobel per l'economia risponde al nome di Jeremy Rifkin: Non solo di verità assolute - dunque - si fregerebbe il pacifista americano, ma anche di titoli che non gli competono.
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