Perché l'equità sociale di Monti, alla prova dei sindacati, fallirà sul lavoro

Sergio Soave

Uno degli argomenti addotti per giustificare la scelta del governo tecnico è la presunta convergenza su questo percorso da parte delle forze sociali. Per la verità la Cgil aveva espresso una preferenza per il ricorso alle urne, ma la confederazione rossa si è talmente autoesclusa dal dialogo che anche quando ha ragione nessuno le dà retta. Ora, però, si tratterà di passare dalle enunciazioni di principio, dalle giaculatorie sull'equità, la responsabilità, il futuro dei giovani e delle donne e così via, a scelte di merito che, a differenza delle esortazioni moralistiche, è difficile che vadano bene a tutti.

    Uno degli argomenti addotti per giustificare la scelta del governo tecnico è la presunta convergenza su questo percorso da parte delle forze sociali. Per la verità la Cgil aveva espresso una preferenza per il ricorso alle urne, ma la confederazione rossa si è talmente autoesclusa dal dialogo che anche quando ha ragione nessuno le dà retta. Ora, però, si tratterà di passare dalle enunciazioni di principio, dalle giaculatorie sull'equità, la responsabilità, il futuro dei giovani e delle donne e così via, a scelte di merito che, a differenza delle esortazioni moralistiche, è difficile che vadano bene a tutti. Monti ha annunciato, a quel che si capisce, una manovra sull'Ici, che era stata giudicata antipopolare dalla Cgil e una sulle pensioni che non piace a nessun sindacato. In cambio, si promette un impulso alla ripresa e si riprende il solito discorso sulla possibilità di ridurre le tasse per effetto del recupero dell'evasione. A Silvio Berlusconi dissero che bisognava invertire l'ordine per dare una scossa all'economia: magari in modo più garbato, è probabile che lo ripeteranno a Mario Monti.

    Tuttavia, visto che alla fine qualcosa bisognerà cedere, è probabile che si ripeterà anche in presenza degli stimati tecnici il solito scenario: i sindacati moderati accetteranno i sacrifici, la Cgil li rifiuterà, ampliando il solco che la divide ormai in modo strutturale dal Partito democratico. Monti ripete la parola coesione in ogni paragrafo dei suoi interventi, ma non sembra propenso a tradurla in concertazione, cioè in una prassi negoziale che contrasta con l'urgenza che c'è, e con quella che gli conviene sottolineare per coerenza con la retorica dell'emergenza su cui si basa il suo stesso mandato. Su Ici e pensioni, alla fine, con o senza accordo con le confederazioni sindacali, si marcerà. In cambio, probabilmente, resterà nel limbo delle buone intenzioni il riequilibrio dei diritti del lavoro, comprese le “eccessive tutele” dei garantiti cui Monti si è riferito nel suo discorso al Senato.