Il governo dei tacchi bassi
Addio Manolo Blahnik addio, addio Birkin di Hermès, addio stemmi di Prada ovunque, anche nei bagni, addio orli di gonne troppo distanziati dalle caviglie, addio nero conturbante e bentornato caro nero tonaca, nero ufficiale, nero lutto, nero sobrio e dritto.Il fascino discreto della borghesia si mostra, in questo repentino regime change, ed esige per prima cosa il cambio di armadi.
Addio Manolo Blahnik addio, addio Birkin di Hermès, addio stemmi di Prada ovunque, anche nei bagni, addio orli di gonne troppo distanziati dalle caviglie, addio nero conturbante e bentornato caro nero tonaca, nero ufficiale, nero lutto, nero sobrio e dritto. Il fascino discreto della borghesia si mostra, in questo repentino regime change, ed esige per prima cosa il cambio di armadi (via quelle giacchine avvitate, via camicette trasparenti, bentornati tailleur con le spalle imbottite e spioventi) ed è consigliabile, per non sentirsi fuori tono, un veloce rogo dei guardaroba chiassosi.
Via le scollature, avanti le calze a compressione graduata (sarà un sollievo, per molte deputate desiderose di adattarsi al potere, abbandonare le calze autoreggenti, portatrici invernali di polmoniti e perfidamente capaci di cedere durante un Consiglio dei ministri, una seduta plenaria, un talk-show televisivo?). A mai più, scarpe-impalcatura con plateau! (anche i tacchi interni per uomini non saranno più tollerati, ha scandito con il solo movimento delle sopracciglia il nuovo premier ieri alla Camera, e le suole rosse e altissime di Laura Ravetto, uniche in tutta l'Aula, davano fastidio agli occhi, come quando ci si abitua alla penombra e improvvisamente qualcuno ci accende una luce in faccia). Lontano da qui, occhialoni da diva, gilet di pelliccia, cinturine dorate, rossetti sfacciati.
Avanti toghe da laureati a Harvard, mocassini neri, facce sovrastate dal peso del cervello (Walter Veltroni, perfetto Zelig, è ingrassato quei chili sufficienti a ottenere un'aria più anziana, giacché l'homo novus e una anche discreta giovinezza non si portano più), abiti da manager americani che viaggiano in business class e scarpe preventivamente indossate dai maggiordomi, affinché non sembrino appena acquistate. Non sono le sfilate a rilanciare la grisaglia, ma le Istituzioni: l'aggettivo “sobrio” non riguarda soltanto il loden di Mario Monti e l'età media dei nuovi ministri (che fa sentire tutti più giovani, pieni di futuro: i settanta sono i nuovi quaranta), ma il senso di un pesante sipario di velluto verde sulla frivolezza.
Quelle che si erano sforzate di caracollare sui tacchi alti e di intensificare il parrucchiere, possono riposarsi, non andare mai più a letto tardi per depilarsi e truccarsi affannosamente le sopracciglia. Basta con gli autunni ridanciani e con pezzi di pelle in mostra, l'inverno del nostro contento richiede cappotti del colore delle foglie morte e capelli anche, ma se possibile vaporosi, lievemente cotonati, omogenei, anche brizzolati vanno bene, esistenzialmente contrari alle mèches e ai boccoloni. Essere bionde non è una colpa, ma adesso un po' sì (Stefania Prestigiacomo è stata ieri severamente accompagnata dai commessi all'ultimo banco, e sta pensando di farsi castana). E' un severo ritorno ad anni esteticamente democristiani, questo, è il trionfo di un titolo di Leo Longanesi (“Ci salveranno le vecchie zie?”): “Fusti di quercia, dalle radici ben solide”, “fedeli gendarmi dello stato”, “e ancor più fedeli all'avarizia come segno di decoro… atto di fede… principio morale… norma pedagogica”.
Le zie di Longanesi però erano insegnanti della derisa morale piccolo borghese, questo invece è un ordine molto alto borghese, e se un cronista chiede alla nuova first lady, Elsa Monti: “Signora Monti, è possibile disturbarla un attimo?”, lei può rispondere secca: “Ho paura di no”, come si fa, nella sua classe sociale, con un questuante fastidioso, certa che comunque i giornali loderanno il suo garbo discreto e la sorprendente normalità del suo bloc-notes. Argenteria in salotto e borsette rigide in Parlamento, insomma, che però non vanno dondolate languidamente al polso, ma agitate come un'arma. Come ha fatto il nostro nuovo idolo e ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, e se provate a sostituire la sua chioma velocemente ramata con quella più scura di Paola Severino, nominata alla Giustizia, noterete una grandiosa somiglianza: sono volti quasi interscambiabili, ed entrambe con il triplo giro di perle.
Ecco, le perle: chi ha chiuso in fondo a un cassetto il regalo della cresima della previdente nonna che chiedeva con una certa insistenza, dai tredici anni in poi: quando ti sposi?, corra a farle lucidare. Senza ascoltare quella sovversiva di Inès de la Fressange: sostiene che si possano indossare solo sopra una t-shirt rock'n roll, altrimenti invecchiano, ma è proprio questo, adesso, lo scopo (e poi lei sta a Parigi, luogo di perdizione, e critica il perbenismo estetico di Carla Bruni, quindi non può apprezzare i vantaggi del fantastico tardon-look – la definizione è elogiativa ed è di Carlo Rossella, che apprezza la nuova discreta eleganza, dice che era stanco di tette e cosce e tacchi dodici). Preferire il modello di ruolo della zia agée è una mossa astuta perché porta, nei fatti, innumerevoli vantaggi: autorevolezza, saggezza, rispetto e considerazione: nessuno attribuisce alla zia torride storie di letto, la zia può quindi lavorare serenamente, senza perdere la ragione per il dolore provocato dalle scarpe strette da trampoliere, e le altre donne non desiderano la sua morte violenta, ma anzi le chiedono la ricetta del perfetto consommé e dicono: “Quant'è simpatica”, “Che gran signora”, e via paragoni con Angela Merkel, Hillary Clinton, Yvonne de Gaulle, la Regina Elisabetta.
Il pregiudizio positivo è una gran fortuna, e nel caso delle nuove ministre si appoggia non solo su decenni di belle carriere ma anche sui tacchi larghi e solidi. Con quei tailleur possono decidere qualunque sgradevole misura di emergenza, saranno comunque applaudite. L'innamoramento estatico, infatti, avvolge per ora Mario Monti anche quando si limita a essere sgarbato: per due giorni i siti dei quotidiani hanno rilanciato come meravigliosa battuta il gelido monito a un giornalista che chiedeva notizie sulla patrimoniale: “Lei può anche domandare”, ha risposto il premier, e se n'è andato. E tutti: santinumi che grande sense of humour, che verve, e com'è intelligente, anche quando ha detto ai giornalisti italiani che lui legge solo la stampa estera, cioè che non sa nemmeno chi siano quei bifolchi accampati in Parlamento. Forse è il caso, per evitare di passare da un eccesso all'altro (dalle pacche sulle spalle alle bacchettate sulle dita), di tirare fuori dalla libreria il “Saper vivere di Donna Letizia”, che fa sempre molto decoro anni Sessanta, e mandarlo a memoria. Il mio capitolo preferito, oltre a quello sulle disposizioni a tavola degli ospiti e la voce: “Pranzo con una sola cameriera”, che suona un po' come: anche la vita dei clochard può essere dignitosa, è quello, delicatissimo, sul salto sociale: Colette Rosselli, perfida, consiglia alla moglie dell'ancor grezzo imprenditore travolto da improvvisa ricchezza di non accontentarsi della villa e dei brillanti, ma di trovare uno sfaccendato, un gay o uno snob un po' all'asciutto che la introduca nei salotti in cambio di inviti a catena, villa e barca sempre a disposizione.
La signora eviterà però di usare, per molto tempo, il linguaggio e le malignità del mondo che le sta socchiudendo le porte: non dichiarerà che “il cenino della Duchessa era un frana” e piuttosto dirà che le invidia il Tiepolo del salone. Queste regole, evidentemente mai superate, non riguardano affatto l'alto lignaggio del nuovo regime, da sempre abituato a scansare i nuovi ricchi, disprezzandone i colori sgargianti, i doppipetti, i lifting, le risate, la voce alta. L'altroieri la first lady Elsa Monti assisteva alle dichiarazioni di voto dei senatori dalla tribuna, in compagnia dei sobrerrimi figli: tutti e tre dritti, severi, muti, non si sono mai scambiati una parola per otto ore di fila né hanno mai sbattuto le palpebre. Nel loro caso, però, l'immobilità facciale dipendeva da una rigorosa e altoborghese educazione, di quelle con i libri sotto i gomiti e l'ordine del silenzio, giammai da un eccesso di botox. Perché, va detto, la rivoluzione della sobrietà passa attraverso l'addio solenne al ritocchino (e non si sa come alcune signore possano tornare indietro: forse, in segno di larghe intese e per evitare l'epurazione, potrebbero optare per la veletta – nera). Colette Rosselli affrontava anche questo problema, mostrando pietà per gli effetti devastanti, nel “Nuovo Saper Vivere”, aggiornato nel 1990: “Un noto sarto romano a cui è stato chiesto in quale categoria rientrasse la maggior parte delle sue clienti, ha risposto: ‘Quelle comprese fra il primo e il secondo lifting', lasciando fuori le tiratissime del terzo lifting, simili a coniglie sospese per le orecchie (e in pochi mesi tutto crolla)”.
Se nei primi anni Novanta il tiramento facciale era ancora un argomento di conversazione vietato, adesso ha fatto un giro su se stesso e sta per tornare a essere un atto proibito, da nascondere a ogni costo: trasportate dal vento dei mutamenti di costume, le trendsetter cominceranno a disegnarsi rughe sulla fronte e a fare come le attrici bellissime, che per vincere un Oscar devono sempre accaparrarsi un ruolo in cui venire imbruttite e invecchiate. Michele Serra, nella sua “Satira preventiva” sull'Espresso, ha scritto che dagli spettacoli volgari dell'era berlusconiana si passa a palinsesti più seri: “La Rai, bruciando i tempi, ha già dato il via alle riprese di ‘Tutti pazzi per il risparmio', kolossal in sei puntate sulla vita di Quintino Sella, un inno al rigore degli avi”. Rigore, rigore, rigore, severità, risparmio, volumi di Economia aziendale come svago e a volte un cognac (bisognerà correggere lo stile e le inclinazioni della giovane signora Passera, che si veste da miliardaria parigina e ha voluto un matrimonio sontuoso a Villa d'Este con elicotteri, ma erano le seconde nozze di lui e Donna Letizia avrebbe ordinato l'immediata fucilazione, perché in questi casi il bon ton raccomanda: sordina). Se qualcuno venisse preso da nostalgia per il chiasso, potrà sempre guardare un talk-show di un paese straniero (quelli italiani stanno chiudendo).
Il Foglio sportivo - in corpore sano