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La nuova Libia del dopo Gheddafi è fondata su un potere beduino e tribale, tanto quanto quella che il colonnello comandava fino a pochi mesi fa. L'arresto di Saif al Islam e il nuovo governo di Tripoli, che sarà annunciato oggi dopo l'ennesimo rimpasto, ne sono la prova. Se il ministero della Difesa andrà, come previsto, al capo della brigata Zintan, Osama al Juwali, non sarà soltanto per un riconoscimento del decisivo contributo berbero per la caduta di Tripoli.

    La nuova Libia del dopo Gheddafi è fondata su un potere beduino e tribale, tanto quanto quella che il colonnello comandava fino a pochi mesi fa. L'arresto di Saif al Islam e il nuovo governo di Tripoli, che sarà annunciato oggi dopo l'ennesimo rimpasto, ne sono la prova. Se il ministero della Difesa andrà, come previsto, al capo della brigata Zintan, Osama al Juwali, non sarà soltanto per un riconoscimento del decisivo contributo berbero per la caduta di Tripoli. Dietro c'è anche l'uso sapiente del secondogenito del trofeo di guerra Saif al Islam.

    Il piccolo commando di Zintan che ha arrestato in un'imboscata l'erede designato di Gheddafi in fuga verso il Niger, all'una e mezza di sabato mattina, si è infatti guardato bene da consegnarlo alle autorità libiche, o peggio ancora alla Corte penale internazionale dell'Aja. Se lo sono portati a Zintan, hanno ripreso tutto per bene (si sono attrezzati, ora hanno anche una loro emittente amatoriale) e poi l'hanno portato in un rifugio isolato sulle montagne Nafusa. Non lo vogliono consegnare a Tripoli (città da cui non si vogliono ritirare, per non lasciarla in mano ad altre tribù), gli serve come arma negoziale (un gioco talmente scoperto che sono stati costretti a smentirlo con una dichiarazione in carta bollata).

    Per lo stesso gioco di spartizione tribale, gli ex ribelli di Misurata, che hanno catturato e ucciso Gheddafi e il figlio Mutassim, si dovrebbero prendere il ministero dell'Interno. Bengasi, la città da cui tutto è iniziato, ha messo un tecnocrate al governo per poter continuare a condurre il gioco da dietro, indisturbata. Intanto, chi può, si tiene strette le armi.