Anche i ricchi (cinesi) piangono

Maurizio Stefanini

Anche i ricchi piangono. Lo sanno bene la Cina, dove la metà dei cittadini facoltosi vorrebbe andare via dal paese. Lo ha rivelato uno studio della Bank of China e di HuRun, la lista annuale degli uomini più ricchi della Cina, che sta alla famosa lista Forbes dei miliardari più o meno come il motore di ricerca Baidu sta a Google, come l'agenzia di rating Dagong sta al temuto trio Standard & Poor's-Moody's-Fitch, e come il premio Confucio sta al Nobel per la Pace.

    Anche i ricchi piangono. Lo sanno bene la Cina, dove la metà dei cittadini facoltosi vorrebbe andare via dal paese. Lo ha rivelato uno studio della Bank of China e di HuRun, la lista annuale degli uomini più ricchi della Cina, che sta alla famosa lista Forbes dei miliardari più o meno come il motore di ricerca Baidu sta a Google, come l'agenzia di rating Dagong sta al temuto trio Standard & Poor's-Moody's-Fitch, e come il premio Confucio sta al Nobel per la Pace.

    Ma c'è un'importante differenza. Come Baidu è stato sposorizzato dal regime per evitare l'accesso ai cinesi di contenuti scomodi via Google, anche la Dagong è stata creata per sfidare un monopolio occidentale. Il premio Confucio, invece, è stato un dispetto al comitato di Oslo per la premiazione del dissidente Liu Xiaobo.

    HuRun Report, però, finisce spesso per rovinare ogni immagine edulcorata del governo di Pechino. Già nel 2010 fu osservato che si trattasse quasi di una “lista della morte”, a causa di quello che succedeva a chi ci fosse finito dentro. Per esempio, Huang Guangyu, il fondatore della catena di rivenditori di elettrodomestici "Gome", che si era classificato al primo posto nel 2008, fu arrestato dopo pochi mesi per corruzione. Esattamente come il patron della società di retail "Wu Mart", Zhang Wenzhong, condannato a diciotto anni di reclusione per frode, corruzione e appropriazione indebita.

    Tra i protagonisti della lista del 2009, dieci sono stati sottoposti a investigazione, sette sono stati inquisiti anche se non condannati, sette sono fuggiti dalla Cina e sei sono morti. Per questo molti tycoon hanno cercato di non farsi notare, in particolare quei funzionari di governo che attraverso le loro famiglie estese controllano gran parte dei monopoli nazionali. Adesso lo studio pubblicato a inizio novembre ha rivelato che su 980 cinesi in possesso di un patrimonio di oltre dieci milioni di yuan (l'equivalente di 1,1 milioni di euro) il 46 per cento ha detto che sognava di emigrare. Il 14 per cento stava per farlo in concreto e almeno un terzo aveva già spostato i capitali.

    E' vero che anche l'Italia è piena di gente abbiente che sogna di stabilire la propria residenza in Svizzera o a Monaco, ma da noi il problema è essenzialmente quello delle tasse troppo alte. Gli interpellati da HuRun e dalla Bank of China, di media quarantaduenni con un patrimonio da sessanta milioni di yuan, hanno detto invece di essere soprattutto preoccupati per la sicurezza dei loro beni. In un paese che cresce a ritmi vorticosicon uno stato di diritto quasi inesistente chiunque si può trovare espropriato dei propri beni o addirittura arrestato da un momento all'altro. “Un quadro giuridico con troppe zone d'ombra, un peggioramento dell'ambiente per gli investimenti, l'aumento del costo della vita e la tassazione troppo alta: questa insicurezza è come un'enorme nuvola nera appesa sopra le nostre teste”, ha sintetizzato uno degli intervistati. Aggiunge un altro: “Lo sviluppo ha creato tanti ricchi, ma ha lasciato una serie di problemi alle spalle tra cui la corruzione, l'inquinamento, l'insicurezza alimentare e sanitaria: ottenere un passaporto straniero è come fare una polizza assicurativa”.

    Nel commentare la notizia, il South China Morning Post  ha scritto che molti degli aspiranti fuggiaschi sarebbero in realtà funzionari o dirigenti pubblici che si sono arricchiti con la corruzione e vogliono ora portare il bottino in salvo. Il quotidiano cinese ha aggiunto che Hong Kong negli ultimi dieci anni avrebbe attratto almeno cinquanta miliardi di dollari dai conti in banca dei cinesi, alimentando il boom immobiliare della città. L'ex colonia britannica, che fa parte della Cina ma mantiene un sistema giuridico e politico diverso, è in effetti la soluzione più semplice per i ricchi in cerca di un clima economico migliore, oltre all'Australia e al Canada.

    Da tempo si è infatti registrato un notevole flusso di mogli di ricchi cinesi che vanno a partorire negli Stati Uniti e in Canada con un semplice visto turistico, in modo che i nascituri possano acquisire la cittadinanza. Il bambino avrà così ha diritti privilegiati per l'accesso a scuole, università e posti di lavoro, e potrà perfino trasmettere automaticamente un diritto di residenza ai propri congiunti. E' la ragione per cui al Congresso americano Phil Gingrey, rappresentate repubblicano della Georgia, ha iniziato una battaglia affinché il XIV emendamento della Costituzione fosse interpretato in senso restrittivo, cosicché non divengano automaticamente cittadini statunitensi tutti i nati sul suolo americano ma solo i figli dei residenti.