Lo strazio di vedere Berlusconi con lecca lecca e senso di colpa

Annalena Benini

Intanto, come gli è venuto in mente di comprare un lecca lecca e stare lì a mangiarselo da solo (il lecca lecca non si mangia, si succhia, ma qui siamo in prima pagina), e in più farlo chino sul bancone di un bar minore del centro di Milano? Lecca lecca e caffè, prima di andare in tribunale alla duemilacinquecento e qualcosa udienza per cose che lo riguardano, come un cumenda milanese qualsiasi (a parte il numero dei processi).

    Intanto, come gli è venuto in mente di comprare un lecca lecca e stare lì a mangiarselo da solo (il lecca lecca non si mangia, si succhia, ma qui siamo in prima pagina), e in più farlo chino sul bancone di un bar minore del centro di Milano? Lecca lecca e caffè, prima di andare in tribunale alla duemilacinquecento e qualcosa udienza per cose che lo riguardano, come un cumenda milanese qualsiasi (a parte il numero dei processi). Silvio Berlusconi vuole che ci impietosiamo o che diventiamo ancora più mesti, sotto questo cielo buio, rischiarato spesso dai fulmini, tipo il ritorno dell'Ici sulla prima casa. Sembra ieri, oppure un secolo fa, quando il Cav. alla tivù, con quel sorriso da Stregatto, disse: “Sì, avete capito bene: aboliremo l'Ici”.

    Adesso che il sorriso si ricompone, gommoso, per pochi momenti soltanto quando un fotografo gli punta l'obiettivo addosso, Berlusconi sembra davvero rimpicciolito, perfino curvo sotto il peso dell'uscita di scena. Lo intervistano, fuori dal tribunale, una specie di video artigianale, e gli sparano dei brutti lampi di luce rossa sulla faccia, a lui che ha sempre avuto un direttore della fotografia interno, proprio direttamente dentro il corpo (anche quando quel tizio gli lanciò un duomo sui denti, il sangue gli colava ma le riprese erano perfette, la posa plastica, lo sguardo attonito ma illuminato ad arte). La normalizzazione di Berlusconi era l'unica cosa a cui non eravamo preparati: ci si aspettava il Caimano, le fiamme, un addio, il delirio, ma non il nonnino (anche i nonnini si tingono i capelli) al bar, che parla di generosità, che dice “sono stato male”, che chiude la propria anomalia nel modo meno anomalo possibile. A voce bassa, con della luce rossa che si accende e si spegne, con gli occhi più piccoli. “Almeno adesso quando piove il ladro è qualcun altro”, ha detto nell'intervista a Aldo Cazzullo, ed è lì che si è capito tutto: Berlusconi ha introiettato ogni singola parola, ogni insulto, ogni sorrisetto di Nicolas Sarkozy (che, come dice Fiorello, non è vero che ha la testa grande, è il corpo che è piccolo.

    Ah, un'altra cosa: improvvisamente i comici si accorgono che esiste molta gente da prendere in giro, Maurizio Crozza ha detto che l'Europa ci sgrida sempre perché è come una moglie rompicoglioni, e abbassa la tavoletta del water, e levati le scarpe: dieci giorni fa era il Cav. che provocava brutte figure planetarie, e non ci si poteva scherzare su); insomma, Berlusconi ha somatizzato qualunque cosa, anche gli sputacchiamenti meschini e le balle evidenti che sono state raccontate su di lui, il crollo delle Borse, lo spread (davvero qualcuno credeva che lo spread avesse a che fare con il bisogno di dimissioni?), così adesso ha la faccia a forma di senso di colpa, anzi a forma di espiazione. Lui, che mentiva per smentire, che era il re del palcoscenico e usava la comunicazione come un'arma atomica, si è convinto di essere esattamente come l'hanno raccontato. Jessica Rabbit al contrario (non mi disegnano così, sono davvero cattivo), e senza abito rosso fiammeggiante. “Sono stato male”, ha detto con quei lampi rossi sulla faccia, e di nuovo si è messo a difendere le ventinove ragazze che sono state dichiarate “parte offesa” nel processo (vittime di Berlusconi, quindi, “vittime a prescindere” come ha scritto Franca Fossati su Europa). Dice che quelle ragazze sono “sulla coscienza” dei magistrati, che le hanno date in pasto al mondo intero per usarle contro di lui (la dignità della persona umana dovrebbere essere un'altra cosa, in effetti), ed è chiaro che è la coscienza al centro di tutto: Berlusconi pensava che dare le dimissioni che tutti gli chiedevano fosse diventata una questione di buona coscienza, e non un imbroglio. Lasciare il posto a un signore con meno mobilità facciale di lui, ritirarsi buono buono, augurare a tutti di realizzare i nostri sogni, bere il caffè, sedersi su una panchina, fare il processato, essere triste ma in fondo rasserenato. Si aspettava anche lui un altro cielo il giorno dopo, e invece l'unica differenza è una foto con il lecca lecca.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.