Tacchi bassi, spread alto
Dei rossetti si è sempre saputo: quando il gioco si fa duro, le labbra diventano scarlatte. Se i soldi sono pochi, un rossetto è una gratificazione accessibile: costa poco e fa diventare spavalde. Subito dopo l'undici settembre ci fu il boom di acquisto di rossetti consolatori, per dimenticare la paura, baloccandosi un po'. E tra il 2010 e il 2011 le vendite sono di nuovo salite del quattordici per cento. Poi ci sono gli orli delle gonne: scendevano durante la Grande depressione, per coprire le gambe nude, e salivano a mostrare calze di seta, quando ce le si poteva finalmente permettere.
Dei rossetti si è sempre saputo: quando il gioco si fa duro, le labbra diventano scarlatte. Se i soldi sono pochi, un rossetto è una gratificazione accessibile: costa poco e fa diventare spavalde. Subito dopo l'undici settembre ci fu il boom di acquisto di rossetti consolatori, per dimenticare la paura, baloccandosi un po'. E tra il 2010 e il 2011 le vendite sono di nuovo salite del quattordici per cento. Poi ci sono gli orli delle gonne: scendevano durante la Grande depressione, per coprire le gambe nude, e salivano a mostrare calze di seta, quando ce le si poteva finalmente permettere. Ma poiché adesso le miliardarie con autista vanno in giro senza calze nei giorni di neve, e le ragazze semplici si buttano sui centoventi denari (non è il prezzo, ma il livello di non trasparenza dei collant), il nuovo indicatore economico, provato da studi serissimi dell'Ibm, è l'altezza dei tacchi delle donne – quelli degli uomini sono interni, clandestini e non ancora censiti.
Anni Venti: tacchi bassi. Grande depressione: tacchi alti. Anni Sessanta: sandali piatti e ballerine. Anni Settanta, crisi del petrolio: zeppe altissime dappertutto. Quando le cose vanno male, i tacchi si alzano, svettano, tengono le signore sospese nel vuoto come metafora dell'esistenza: pare che sia voglia di evasione, di fuga (ma solo simbolica: per scappare dai creditori o da una casa incendiata per intascare i soldi dell'assicurazione, i tacchi alti sono sconsigliabili). Quindi non solo tacchi, ma plateau, rialzi, trampoli, qualunque cosa sollevi da terra e faccia dimenticare i problemi (il credit crunch, le Borse, i licenziamenti, le pensioni), ma allo stesso tempo dia il senso immanente della sofferenza attraverso i morsi inflitti dalle scarpe-tagliola. Dodici, tredici centimetri di sollevamento sopra il baratro economico, la simulazione di una spensieratezza. Così, adesso tutti direte: ora c'è il governo del mezzo tacco, è un bel segnale di uscita dalla crisi, che gioia, che rinascita, ci voleva proprio. E poi c'è la dittatura delle ballerine come negli anni Sessanta, significa che stiamo ritornando ricchi. No, mi dispiace. C'è stata un'inversione di tendenza proprio negli ultimi due anni. I tacchi hanno smesso di crescere, anzi si sono abbassati di due pollici.
Non è più un bel segno marciare sicure, senza inciampare. Questi esperti studiosi di scarpe e di flussi economici dicono che il tacco medio, largo, significa purtroppo “problemi a lungo termine”. Rassegnazione, anzi abitudine al precipizio, tanto che il senso pratico di una donna le impone di stare almeno comoda, con pianta larga e suola di gomma. Sfarfalleggiare sui tacchi a spillo può servire come distrazione iniziale, nell'euforia da voragine, quando ancora c'è speranza. Rossetto, altezze siderali sono la reazione immediata da disastro inaspettato. Poi, a poco a poco, anche la crisi si mette in pantofole. L'unica consolazione, adesso, sono le gonne al ginocchio. Pare che il ginocchio sia un indicatore economico sartoriale importante. Significa: “Potrebbe andare anche peggio”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano