L'importante è muoversi. Parla Andrea Augello

Il futuro remoto del Pdl tra Molotov e “Fatherland”

Salvatore Merlo

“Un'alleanza innaturale con il Pd e un rapporto obbligato con il governo Monti. Questo è il campo da gioco in cui si muove il Pdl, e non è detto che sia un male. L'unica cosa da evitare è la paralisi, lo stare fermi, il farsi trascinare. Questa fase noi la dobbiamo guidare e ripoliticizzare, tenendo presente che i guai dell'Italia non li risolveranno né la reintroduzione dell'Ici né la patrimoniale, perché il problema è anche europeo: che facciamo con la Bce?”.

    Un'alleanza innaturale con il Pd e un rapporto obbligato con il governo Monti. Questo è il campo da gioco in cui si muove il Pdl, e non è detto che sia un male. L'unica cosa da evitare è la paralisi, lo stare fermi, il farsi trascinare. Questa fase noi la dobbiamo guidare e ripoliticizzare, tenendo presente che i guai dell'Italia non li risolveranno né la reintroduzione dell'Ici né la patrimoniale, perché il problema è anche europeo: che facciamo con la Bce?”. Andrea Augello prima di essere uno dei grandi azionisti del Pdl a Roma, e prima di essere un ex sottosegretario del governo di Silvio Berlusconi, è un uomo d'intelligenza cristallinamente politica: apprezzata un tempo da Gianfranco Fini – prima del tumultuoso divorzio da Berlusconi – poi dal Cavaliere e oggi anche da Angelino Alfano, il giovane segretario di quello strano contenitore politico che un tempo fu a esclusiva trazione carismatica e che si chiama Pdl.

    Ad Augello non sfuggono i rischi della cura Monti. Come si conciliano il ritorno dell'Ici e l'introduzione di una imposta patrimoniale con l'impianto programmatico (meno fisco e più sviluppo) che nel 2008 aveva premiato il Pdl alle elezioni? Come si governa con il Pd senza precipitare in logiche consociative, primorepubblicane, ed estranee alla logica dell'alternanza? La risposta di Augello è: “Facendo politica”. “Il nostro rapporto col governo tecnico è abbastanza obbligato”, dice. “Ma possiamo e dobbiamo contedergli il terreno, provvedimento dopo provvedimento, facendo leva su una qualità che il Pdl ha e che al Pd invece in questo momento manca del tutto: con Monti noi abbiamo costituito sin dall'inizio un rapporto dialettico, mentre il Pd è quello strano partito che manda il famoso ‘pizzino' per manifestare la propria felicità nel ritrovarsi dentro questa situazione un po' anomala di maggioranza tripartita”.

    In sostanza esistono tre possibili scenari, dice Augello. O meglio, tre possibili linee di condotta per un partito, il Pdl, che rischia di entrare violentemente in contraddizione con se stesso e di adagiarsi per inerzia nella culla soffocante del commissariamento tecnico; un fenomeno che è già esploso nel Pd e nel centrosinistra con i contrasti interni e le richieste di dimissioni piovute addosso al responsabile economico del partito di Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina. Per evitare un fenomeno analogo – se non peggiore per intensità – anche nel Pdl, Augello rilancia nell'era del governo di commissariamento tecnico un'arte che sembrava scomparsa dai radar italiani: la politica. “Possiamo immaginare uno scenario di impegno bipolarista – dice l'ex sottosegretario – che potremmo definire ironicamente ‘Ribbentrop Molotov'. Ovvero un patto d'acciaio tra noi e il Pd, che parta da oggi fino alle elezioni. Mettiamo in agenda la riforma elettorale, un intervento sul fisco e una supermanovra economica. Tutto in accordo col Partito democratico, e con l'intesa esplicita di arrivare al voto una volta approvato l'intero pacchetto, nei prossimo sette o otto mesi”. E il secondo scenario? “‘Fatherland', ovvero di patriottismo assoluto”, dice Augello. “Il Pdl diventa motore delle iniziative parlamentari che devono mettere l'Italia con i piedi all'asciutto: ci spingiamo ben oltre Monti. Il Pdl salva l'Italia e apre una questione politica sulle regole europee, sulla Bce e sull'egoismo tedesco”.

    Terzo scenario? “‘Da cosa nasce cosa', Cioè un impegno di negoziato continuo e indefesso su tutti i provvedimenti economici che non condividiamo al fine di ottenere modifiche. In tutti e tre i casi, specialmente in quest'ultimo, si tratta di linee di condotta non per forza alternative, ma che possono anche dispiegarsi a catena, in sequenza, una dopo l'altra. L'unica cosa da non fare è restare imbambolati. E' l'errore esiziale che non possiamo commettere”. Con la Lega come si mette? “La Lega fa bene a stare all'opposizione, ora. Dopo non possono che tornare con noi, appartengono profondamente al centrodestra, sono più un partito di legge e ordine che un partito separatista. Quella ormai è fuffa che vale solo per qualche valligiano”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.