L'Europa può evitare una nuova Lehman. Parla Ennio Doris

Stefano Cingolani

Uscire dalla paura. Ecco la chiave per superare una crisi che rischia di ripetere quella dell'ottobre 2008. Ennio Doris spiega al Foglio quanto sarebbe semplice cambiare lo stato d'animo che prevale oggi in Europa, ma diventa terribilmente difficile perché di nuovo si stanno commettendo gli stessi errori di tre anni fa. "E' importante quel che fanno i governi, e io credo che quello italiano debba e possa prendere decisioni che i partiti non sono in grado di assumere. Per questo sono stato favorevole a una soluzione tecnica".

    Uscire dalla paura. Ecco la chiave per superare una crisi che rischia di ripetere quella dell'ottobre 2008. Ennio Doris spiega al Foglio quanto sarebbe semplice cambiare lo stato d'animo che prevale oggi in Europa, ma diventa terribilmente difficile perché di nuovo si stanno commettendo gli stessi errori di tre anni fa. “E' importante quel che fanno i governi, e io credo che quello italiano debba e possa prendere decisioni che i partiti non sono in grado di assumere. Per questo sono stato favorevole a una soluzione tecnica. Ma ancor più importante del professor Monti è il signor Rossi o il signor Gutierrez, il destino di tutti è nelle loro mani, quindi dobbiamo convincerli che ce la possiamo fare”.

    Doris non nasconde certo il pessimismo della ragione dietro l'ottimismo della volontà. Il break-up dell'euro è, oggi come oggi, possibile. C'è poco tempo per evitarlo, ma di qui al vertice Ue del 9 dicembre, sia i leader europei sia la Bce possono fare le mosse giuste. Il fondatore del gruppo Mediolanum collega la crisi attuale alla bolla immobiliare. “Il crac dei subprime avrebbe avuto conseguenze serie, ma limitate, un po' come dopo l'11 settembre 2001, se George W. Bush non avesse commesso un errore capitale: far fallire Lehman Brothers. La decisione venne presa la domenica, martedì parlai con un alto esponente dell'Amministrazione e mi spiegò che bisognava dare in pasto il mostro a un'opinione pubblica che accusava manager e banchieri. Una follia, una incomprensione totale di come funzionano i mercati che sono composti da una miriade di operatori che gestiscono i quattrini dei risparmiatori. I quali, spaventati, hanno tirato i remi in barca”.

    Lo stesso sta accadendo ora in Europa, “con un'aggravante. Scoppiata la crisi, la Federal Reserve ha speso 2.000 miliardi di dollari per acquistare titoli a 5-10 anni, facendo scendere i tassi al 2 per cento. E gli Stati Uniti sono ripartiti”. A un passo molto lento. “E' vero, ma la colpa è dell'Unione europea. Qui c'è il mercato più grande del mondo, più ricco di quello cinese e più ampio di quello americano. E la Ue ha risposto in modo scoordinato, impedendo alla Banca centrale di svolgere lo stesso ruolo”. Il trattato inibisce alla Bce di fare il prestatore di ultima istanza per i governi. “Certo, però acquista già sul mercato secondario e anche questa è una operazione straordinaria. Insomma, si può seguire una politica monetaria più aggressiva e interventista senza violare le regole. Ecco perché sostengo che la radice della crisi oggi non sta ad Atene, a Madrid o a Roma, ma a Bruxelles.

    Vuole un'altra prova? Prendiamo Francia e Stati Uniti: come mai Washington ha più deficit, più debito eppure paga meno interessi? Se confronta Gran Bretagna e Germania trova la stessa relazione. La spiegazione è che manca nella zona euro un prestatore di ultima istanza. Se la Bce dicesse che è disposta a mantenere i tassi sui titoli sotto il 5 per cento basterebbe il solo annuncio per bloccare la speculazione al rialzo. Come ha fatto la Svizzera: ha annunciato la difesa del franco a quota 1,20 e ha raggiunto l'obiettivo senza spendere nulla”. Ma il giudizio sulla tenuta dell'Italia prescinde dalla natura della Banca centrale. “Non c'è dubbio, i mercati si chiedono se ce la faremo ad affrontare i nostri guai. Non solo il debito sul pil: in fondo era al 120 per cento anche quando entrammo nell'euro. I problemi veri riguardano la produttività, la crescita, le riforme.

    Tra luglio e settembre sono stati prelevati cento miliardi di euro per raggiungere il pareggio del bilancio nel 2013. Ci si basava su una previsione di crescita di poco superiore all'un per cento annuo. Invece, ora l'Italia va in recessione. Quindi bisogna colmare il vuoto. Ma quel che conta è la sostenibilità nel medio periodo ed essa dipende almeno da tre fattori: le pensioni, quindi occorre aumentare l'età e abolire nel giro di alcuni anni l'anzianità; il mercato del lavoro, con più flessibilità e una migliore protezione per chi perde il posto, come dice Pietro Ichino; infine, la riduzione del costo e del peso della Pubblica amministrazione, a cominciare dalle province che dovevano essere abolite fin da quando sono nate le regioni”.

    Il peccato di egoismo di Merkel e Sarkozy sulle banche
    Doris è preoccupato dalla proposta dell'Eba, l'Autorità di vigilanza bancaria europea, che, mettendo in conto alle banche i titoli pubblici al valore di mercato, costringe gli istituti italiani ad aumentare il capitale per 14,7 miliardi, mentre avvantaggia francesi e tedeschi. In una situazione di mercato tanto difficile, la reazione spontanea per difendersi è chiudere i cordoni della borsa, così vengono ridotti i prestiti, mettono in difficoltà l'industria.

    Gran parte degli errori commessi dalla Merkel e da Sarkozy, del resto, sono strettamente legati alla scelta di difendere le proprie banche invece di affrontare la crisi in modo sistemico. Adesso la Germania prepara un piano B per dividere l'euro o addirittura ripristinare il marco. Il presidente di Mediolanum dubita che si arrivi a tanto. “Forse era meglio fare come gli inglesi e preservare la sovranità monetaria. Ma tornare indietro sarebbe rovinoso per tutti. Anche i tedeschi ci debbono pensare due volte. L'Italia è un grande paese manifatturiero e una nostra svalutazione metterebbe in ginocchio l'industria francese e tedesca”.

    E allora, come si esce da questa trappola? E' giusto costringere Italia, Spagna, Grecia a fare i compiti a casa come dice il professor Monti. Ma nello stesso tempo, “l'Unione europea e la Banca centrale debbono lanciare il chiaro messaggio che sono disposte a difendere l'euro con ogni mezzo. Basta questo per invertire le aspettative e sconfiggere una profezia che si auto avvera”.