Perché i banchieri elogiano il decreto Monti che ora ha la firma di Napolitano

Michele Arnese

La Cgil capitanata da Susanna Camusso è imbufalita. Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti ieri hanno annunciato che Cisl e Uil sciopereranno due ore lunedì prossimo. Pure la Confcommercio presieduta da Giancarlo Sangalli protesta: teme una deregulation che neppure in Francia e Germania è in vigore. Alla fine il pacchetto da 30 miliardi di euro lordi, firmato questa mattina dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, soddisfa quasi soltanto industriali e banchieri, che da tempo avevano invocato una terapia d'urto per correggere i conti pubblici, rafforzare le riforme strutturali e rinvigorire la crescita.

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    La Cgil capitanata da Susanna Camusso è imbufalita. Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti ieri hanno annunciato che Cisl e Uil sciopereranno due ore lunedì prossimo. Pure la Confcommercio presieduta da Giancarlo Sangalli protesta: teme una deregulation che neppure in Francia e Germania è in vigore. Alla fine il pacchetto da 30 miliardi di euro lordi, firmato questa mattina dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, soddisfa quasi soltanto industriali e banchieri, che da tempo avevano invocato una terapia d'urto per correggere i conti pubblici, rafforzare le riforme strutturali e rinvigorire la crescita. Ma neppure la Confindustria si scalda più di tanto, se si ascolta Giampaolo Galli, direttore generale della confederazione presieduta da Emma Marcegaglia: “In questa manovra – ha detto Galli – ci sono due misure importanti, quella sul cuneo fiscale sul lavoro, per cui si riduce per le imprese il costo del lavoro restituendo competitività soprattutto alle pmi, e la misura che favorisce fiscalmente la patrimonializzazione delle imprese”. Galli auspicava qualcosa in più, ma per Marcegaglia “la manovra è dura, ma indispensabile per salvare il paese e l'euro”, ha detto ieri.

    Alla fine sono le banche che gongolano di più?
    D'altronde, con un ex banchiere come Corrado Passera a superministro dello Sviluppo, è normale, mormorano i malevoli. Eppure, con un decreto che prevede circa 12 miliardi di riduzioni di spese e circa 18 miliardi di maggiori entrate, le attese dell'Abi non sono state accolte del tutto. Infatti il presidente dell'associazione bancaria, Giuseppe Mussari, chiedeva che i tagli di spesa fossero “nettamente superiori alle nuove entrate”. Comunque per le banche i motivi di soddisfazione non mancano. Con il decreto Monti, l'Italia è il primo paese che prevede una garanzia pubblica per le obbligazioni che emetteranno gli istituti di credito.

    Infatti la garanzia paneuropea sui bond bancari delineata dal Consiglio europeo a ottobre non è stata deliberata dall'Ecofin il 26 ottobre scorso, che invece ha previsto garanzie nazionali. Con la norma approvata domenica, lo stato italiano potrà garantire fino al prossimo giugno le passività delle banche e le loro obbligazioni, dopo una valutazione da parte della Banca d'Italia. La garanzia statale costituisce una sorta di rete protettiva che avrà molteplici effetti positivi per le banche. Innanzitutto con la garanzia pubblica gli istituti potranno operare con maggiore facilità nel mercato interbancario per raccogliere liquidità. La “copertura” statale avvantaggerà le banche anche nelle operazioni con la Bce, che così avrà più facilità nell'accettare strumenti collaterali delle banche “garantite” in cambio di finanziamenti. Infine, ma non per ultimo, con la rete protettiva i bond bancari potranno essere più appetibili, rispetto ai bond statali che garantiscono rendimenti maggiori. Porterà quindi “stabilità al sistema”, ha spiegato ieri il direttore generale vicario di Intesa, Marco Morelli.

    Anche un'altra novità del decreto è stata accolta con favore dai vertici dell'Abi capitanata dal direttore generale Giovanni Sabatini, ossia la tracciabilità dei pagamenti per importi superiori ai mille euro. Contribuirà a un maggior uso delle carte di credito, molto diffuse in Italia ma poco utilizzate, lamentano i banchieri. C'è però un timore che si coglie in Abi, dove si paventa una stretta di quelle che al Tesoro chiamano “commissioni” ma che sarebbero il costo annuo del servizio quando si attiva una carta di credito: “Auspico che alla crescita del numero di transazioni bancarie corrisponda la riduzione dei costi di commissioni e servizi”, ha detto Monti. Per questo si profila un tavolo fra Tesoro e Abi per definire conti correnti standard a costi contenuti. Anche l'estensione dell'imposta di bollo dai conti agli altri strumenti finanziari – imposta che da fissa diventa proporzionale al valore dei titoli – è gradita ai banchieri: si pone fine così a una disparità che avvantaggiava i depositi postali.