Il New Yorker e Sarkozy, da Napoleone a punzecchiatore della Merkel

Nicoletta Tiliacos

Il presidente francese Nicolas Sarkozy non ama il vino. Non ama i formaggi dall'odore troppo forte. Non ama i tartufi. Ama la Diet Coke e le caramelle e i grandi sigari Avana. Questa avversione per il buon gusto è ampiamente considerata come innaturale in Francia, ma Sarkozy non si scusa”. Già dalle prime righe si capisce che Philip Gourevitch, corrispondente da Parigi del New Yorker, non sarà tenero con l'“uomo che voleva essere Napoleone”.

    Il presidente francese Nicolas Sarkozy non ama il vino. Non ama i formaggi dall'odore troppo forte. Non ama i tartufi. Ama la Diet Coke e le caramelle e i grandi sigari Avana. Questa avversione per il buon gusto è ampiamente considerata come innaturale in Francia, ma Sarkozy non si scusa”. Già dalle prime righe si capisce che Philip Gourevitch, corrispondente da Parigi del New Yorker, non sarà tenero con l'“uomo che voleva essere Napoleone”.

    In quindici pagine di ritratto – intitolate “Senza uscita” e costruite con i racconti di amici e nemici dell'inquilino dell'Eliseo, del quale sono passati in rassegna tic, gaffe, rodomontate, “mots célèbres” e anche scandali veri, come quello sulla vendita di sottomarini al Pakistan – il New Yorker disegna la parabola, data alla fine, di quello che “è stato il presidente più popolare della Quinta Repubblica” e che “ora è il più impopolare”. “Personalmente e politicamente – scrive Gourevitch – Sarkozy è un genere di figura singolare che può facilmente sembrare una caricatura; la caricatura si nutre di esagerazione, ma lui è talmente esagerato che lascia al caricaturista ben poco da fare. I presidenti francesi sono tenuti ad avere un'aura di raffinatezza estetica e intellettuale che dà dignità alla nazione.

    Sarkozy non pretende di irradiare qualcosa del genere. Nell'anno dopo la sua elezione, nel maggio del 2007, la sua vita familiare da tabloid – un divorzio sensazionale e un sensazionale nuovo matrimonio – insieme con la sua evidente soddisfazione nell'accompagnarsi ai super ricchi, gli valse il soprannome di ‘Presidente Bling-Bling'. La sua popolarità è sprofondata e ha continuato a sprofondare”, scrive Gourevitch. E aggiunge che questo non è avvenuto solo in seguito ai problemi economici che altrove hanno portato alla caduta di leader europei, ma “ben prima dell'economia. Quello che disgusta i francesi non è tanto la sua politica quanto il suo stile. L'antipatia è personale”.

    Così, a sei mesi dalla fine del mandato, “Sarkozy si sta proponendo per la rielezione da perdente”. A giudicare da certi aneddoti, lo sforzo “che i suoi consiglieri descrivono come ‘ripresidenzializzazione'” non dev'essere da poco: “In autunno, ha presenziato all'inaugurazione di una mostra d'arte moderna che viaggerà nel paese e potrà essere visitata gratuitamente. Un'occasione per Sarkozy per essere visto tra la gente comune, a contatto con l'arte di alto livello”. Peccato che “dopo aver contemplato un quadro monocromo arancio di Yves Klein”, Sarkozy abbia così espresso la propria ammirazione: “Costa milioni”. Per poi informarsi: “Più di Léger? Meno di Matisse?”. Ridicolo, per il presidente che “in campagna elettorale si era presentato come ‘décomplexé' rispetto al denaro; ma ne parla così tanto da apparire fortemente ‘complexé'”.

    “Una figura da commedia all'italiana che dissacra qualsiasi cosa”, secondo il filosofo Pascal Bruckner, intervistato da Gourevitch. Ma questo Sarkozy a Liberty Island, a New York, fa piuttosto pensare a Louis de Funès: “Sarkozy ha spinto le labbra in avanti; le ha tirate indietro in un sorriso, ha alzato le sopracciglia, aggrottato la fronte, ha stretto gli occhi e la fronte si è rilassata, ha sollevato le labbra, ha sporto il mento, ha guardato a destra, ha guardato a sinistra, ha mosso le mascelle come se tentasse di stapparsi le orecchie, ha gonfiato i muscoli delle guance, ha tirato i tendini del collo, ha mosso le narici, è riuscito a sorridere di nuovo e poi si è fermato. Tutto questo nello spazio di un minuto o due”.

    Triste effetto da comica finale a parte, oggi in Francia c'è “una profonda sfiducia di Sarkozy, la sensazione che egli non sia autentico e, peggio, non abbastanza francese per il suo lavoro”. Un lavoro molto cambiato, “perché la Francia non è più pienamente uno stato nazionale sovrano. L'Ue non lo permette più”. E a Sarko non rimane, in un momento in cui la mancanza di leadership potrebbe condannare l'Europa al peggio, “che fare il punzecchiatore della Merkel e pronunciare discorsi”.