Islamabad e Washington ai ferri corti. Per questioni d'onore.
Più passano i giorni, più la guerra diplomatica in corso tra Pakistan e Stati Uniti si aggrava, rischiando di mettere in pericolo i programmi occidentali in Afghanistan. Il fatto è che, come spiega il premier pakistano Reza Gilani alla Bbc, “esiste un gap di credibilità tra noi e Washington”, sottolineando che “al momento non ci fidiamo gli uni degli altri”. Parole dure che si sommano a quelle dell'uomo forte di Islamabad, il capo di stato maggiore dell'esercito Kayani.
Più passano i giorni, più la guerra diplomatica in corso tra Pakistan e Stati Uniti si aggrava, rischiando di mettere in pericolo i programmi occidentali in Afghanistan. Il fatto è che, come spiega il premier pakistano Reza Gilani alla Bbc, “esiste un gap di credibilità tra noi e Washington”, sottolineando che “al momento non ci fidiamo gli uni degli altri”. Parole dure che si sommano a quelle dell'uomo forte di Islamabad, il capo di stato maggiore dell'esercito Kayani, che parlando alle proprie truppe ha ordinato di “abbattere ogni velivolo che violi lo spazio aereo del Pakistan, inclusi i droni americani”. Benché difficilmente la contraerea di Islamabad sarà in grado di mettere in pratica le direttive di Kayani, anche solo la perdita di qualche velivolo costringerebbe il dipartimento alla Difesa a rivedere i propri piani, dovendo far fronte a perdite economiche troppo ingenti.
Un colpo micidiale per le strategie di Washington, già indebolite dallo sgombero (forzato) della base di Shamsi, utilizzata dalle forze statunitensi da molti anni per la caccia ai terroristi e ai pezzi grossi di Al Qaida rintanati nelle aree tribali al confine con l'Afghanistan. Non hanno digerito, a Islamabad, quel raid firmato Nato del 26 novembre scorso in cui sono morte venticinque guardie di frontiera pachistane: così, dopo aver imposto il blocco all'afflusso di rifornimenti lungo il confine afghano (attualmente il 48 per cento delle forniture dell'Alleanza atlantica destinate a Kabul transita ancora attraverso il Pakistan), Islamabad ha deciso di boicottare pure la Conferenza di Bonn che avrebbe dovuto (nelle intenzioni occidentali) stilare una road-map per il destino dell'Afghanistan dopo il ritiro delle truppe straniere nel 2014. “E' una questione d'onore”, aveva replicato Gilani alle suppliche telefoniche di Angela Merkel che lo implorava di volare a Bonn. Intanto a Washington temono che i rifornimenti per i 130 mila soldati alleati, bloccati tra le gole del Balucistan e del Waziristan, diventino prede ideali per i talebani locali. E' l'intera strategia obamiana (che ha riposto grande fiducia sugli aerei teleguidati) ad andare in crisi se verrà meno lo strumento dei droni: basti considerare che, secondo il Bureau of Investigative Journalism di Londra, dall'inizio del mandato nel gennaio 2009, si è registrato un raid ogni quattro giorni.
Il Foglio sportivo - in corpore sano