Lasagne al rogo
Arrivederci lasagne: i menu popolari e i Natali con purè e cotechini sono diventati impresentabili. Non solo per una questione di sobrietà ferita (tutte quelle stoviglie grondanti sugo in cui certi sciagurati desiderano tuffarsi con il pane sono il segno di una volgare cecità nei confronti della crisi), ma anche per la scarsa riflessione alla base di questi pasti di basso livello, dove le proteine si mischiano con i carboidrati e i grassi saturi si rotolano nei piatti assieme ai fritti, mentre il chilometro zero e la sostenibilità vengono avviliti di continuo in favore di mostrificanti abbuffate che ottundono il cervello.
Arrivederci lasagne: i menu popolari e i Natali con purè e cotechini sono diventati impresentabili. Non solo per una questione di sobrietà ferita (tutte quelle stoviglie grondanti sugo in cui certi sciagurati desiderano tuffarsi con il pane sono il segno di una volgare cecità nei confronti della crisi), ma anche per la scarsa riflessione alla base di questi pasti di basso livello, dove le proteine si mischiano con i carboidrati e i grassi saturi si rotolano nei piatti assieme ai fritti, mentre il chilometro zero e la sostenibilità vengono avviliti di continuo in favore di mostrificanti abbuffate che ottundono il cervello. Coda alla vaccinara, sei morta. Il pranzo perfetto è stato ideato dai più grandi cuochi del mondo nel corso di estenuanti riunioni in Giappone: tanti uomini riflessivi ed eleganti, chef star con ciuffi, frangette e maniche arrotolate, hanno battuto i boschi di montagna alla ricerca di radici e bacche, come ha raccontato ieri il Corriere della Sera, hanno pescato con reti speciali che trattengono solo il trenta per cento dei pesci (i quali sentono l'umiliazione di non essere riusciti a scappare e vivono gli istanti della fine con maggiore consapevolezza) e hanno creato una “cheviche di calamari con radici locali di Atala”, servita su un cubo di ghiaccio cristallino.
Anche un tubero acceso dentro una lanterna di carta di riso, sopra una polpa di granchio (una patata che va a fuoco è già di per sé il segno del rogo di tutte le grettezze) e un misto di funghi appena scottati con bacche e radici, si spera colte nei quindici minuti precedenti la cottura per non perdere quel provocatorio gusto di foresta. E' un menu davvero cerebrale, infatti la cucina non si chiama più cucina ma pensatoio, è un pranzo lussuosamente sobrio e molto tecnico (i cuochi hanno centinaia di stelline), che offre la grande opportunità di lasciare i piatti mezzi vuoti, a parte le foglie croccanti del bosco di Kaga che fanno volume, e quindi non appesantisce i pensieri. Con quella parte di cervello che non è stata annientata dalla digestione, con la zona affamata e folle insomma, si possono fare grandi cose, grandi manovre per il paese, tra cui ricordare con un sorriso spirituale il pasticcere trotzkista, sogno di musical in “Aprile” di Nanni Moretti (il cuoco “isolato, calunniato, che solo nel suo laboratorio tra le sue paste e le sue torte è felice, e dimentica, e balla”, con il cappello bianco e il fazzoletto rosso al collo, e le cuoche sorridenti nei loro grembiuli) e Gianni Di Gregorio che prepara le lasagne per il “Pranzo di Ferragosto”: le lasagne, con sopra il parmigiano, devono fare la crosticina, così intanto ci si beve sopra un bel bianchetto con le signore anziane che lo allungano con l'acqua. Preistoria dell'alimentazione: anche i brodi (quelli sontuosi di carne con i chiodi di garofano infilati nella coscia di pollo) sono ammessi solo se si chiamano zuppette e vengono servite in ciotoline. Questo cibo perfetto ci salverà tutti, ci renderà più sani, scattanti, intelligenti, rarefatti. E mai mai, mai nessuna nostalgia, sarebbe da trogloditi, per una carbonara direttamente nella padella.
Il Foglio sportivo - in corpore sano