Meglio Twitter

Annalena Benini

Il catalogo (virtuale) è questo: Facebook ha ottocento milioni di utenti connessi e sta per diventare il fenomeno finanziaro del prossimo anno con la quotazione in borsa, non è più molto di moda ma fa famiglia, ci si resta affezionati e si sta in pantofole. Twitter è il salotto buono, in gran voga, dove bisogna sembrare brillanti, attivi e sul pezzo e dove si possono seguire le vite delle star, sentendosi anche un po' amici loro.

    Il catalogo (virtuale) è questo: Facebook ha ottocento milioni di utenti connessi e sta per diventare il fenomeno finanziaro del prossimo anno con la quotazione in borsa, non è più molto di moda ma fa famiglia, ci si resta affezionati e si sta in pantofole. Twitter è il salotto buono, in gran voga, dove bisogna sembrare brillanti, attivi e sul pezzo e dove si possono seguire le vite delle star, sentendosi anche un po' amici loro – il sessantanove per cento degli utenti americani di Twitter sta con Barack Obama e approva il suo operato, dice il Wall Street Journal, cioè non rappresenta la media nazionale ma una bolla più raffinata e liberal. Facebook invece ama Obama al quarantasette per cento, è  il Festival di Sanremo, quella cosa che qualcuno chiama paese reale, con aspiranti poeti, foto di tramonti, gattini e riunioni di ex compagni di scuola (ritrovati tra l'altro grazie a Facebook). Su Facebook oramai ci si rilassa, a parte i persecutori, gli ex fidanzati, le nuove mogli degli ex fidanzati di cui si spiano le foto, su Twitter si cerca di fare i fichi: scrivere prima degli altri di una guerra che comincia, del vero motivo per cui comincia, chi la vincerà, che colonna sonora avrà, quando finirà, cosa sbaglia Monti, chi dovrebbe vincere i Golden Globe, che dice Angelina Jolie e perché si stava dimettendo Enrico Mentana (le agenzie  di stampa sono preistoria), poi prima degli altri bisogna scrivere del ritiro delle dimissioni stesse (che Mentana, fingendo di essere paese reale, ha annunciato su Facebook), e nel frattempo tuittare i centoquaranta caratteri di commento più fulminanti, la frase che farà la storia di quel minuto. O rituittare quelle altrui, ma subito, appena cinguettate (tre minuti dopo è già tutto finito). Tutto il giorno, anche di notte.

    Ci vogliono le anfetamine, o un licenziamento in tronco dal lavoro, o un lavoro non da paese reale. Però è bello anche solo stare a guardare (sentendosi inadeguati): a letto, di notte, controllare sul telefono chi va a dormire e chi no, e quali sono gli esercizi per la memoria di Ornella Vanoni (ripetere ogni mattina i nomi dei sette nani. “O erano otto?”). Invece Facebook è in crisi d'immagine, è già stantio, e scrive l'Herald Tribune che i più giovani si annoiano e se ne vanno, chiudono il profilo perché lo trovano inutile, lo snobbano (“Se voglio vedere il secondo figlio del mio quinto cugino, gli telefono”, mentre il servizio sociale impagabile di Facebook sembrava essere proprio quell'elenco puntuale di compleanni, la possibilità di partecipare a matrimoni, nascite, ricorrenze senza mai partecipare davvero, mettendo un pollice, un cuore, scrivere: “Auguri” sentendo di avere adempiuto, per quel giorno, a un sacco di doveri – ma in effetti il senso del dovere a vent'anni non esiste, viene da vecchi, cioè a trenta). E poi Facebook è una prova a carico: resta tutto lì dentro, scolpito nella pietra, anche le foto più orribili di quando non ci si era messi a dieta, i pensieri lacrimosi, le battute non riuscite. Zuckerberg è chiaramente un sadico e ha appena rinnovato i profili con una cosa che si chiama Timeline e che rende l'intera storia di un utente accessibile con un solo clic. Un tizio è iscritto a Facebook mettiamo da cinque anni, quando era molto cretino, e veniva taggato in foto in cui si gettava ubriaco in piscina con orecchie da coniglio e scriveva ogni notte frasi da erotomane: passa il tempo, il tizio si laurea, trova un lavoro importante, diventa sobrissimo e montiano, dimentica quei vecchi post. Arriva Timeline e gli devasta la vita. E' terribile, meglio Twitter (dove qualcuno ha scritto: “Dire: ‘Non ho un account' è il nuovo: ‘Non possiedo la televisione'”).

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.