Sarò libero di liberarvi dai corporativismi. Parla Pitruzzella

Stefano Cingolani

“Il mio, ahimè, è l'Antitrust ai tempi della crisi”. Giovanni Pitruzzella dal suo ufficio all'ottavo piano della palazzina di piazza Verdi, davanti al vecchio stabile della Zecca del Regno, sospira. Prima ancora di insediarsi, lo hanno tirato da tutte le parti, lo hanno preso per le maniche e per la giacchetta. Polemiche sulle sue competenze, sulla sua attività professionale di avvocato e sulla sua amicizia col presidente del Senato, che poi lo ha nominato.

    “Il mio, ahimè, è l'Antitrust ai tempi della crisi”. Giovanni Pitruzzella dal suo ufficio all'ottavo piano della palazzina di piazza Verdi, davanti al vecchio stabile della Zecca del Regno, sospira. Prima ancora di insediarsi, lo hanno tirato da tutte le parti, lo hanno preso per le maniche e per la giacchetta. Polemiche sulle sue competenze, sulla sua attività professionale di avvocato e sulla sua amicizia col presidente del Senato, che poi lo ha nominato. E un'agenda in qualche modo prefabbricata dall'esterno: Alitalia, Telecom, gli intrecci bancari, i prezzi della benzina e chi più ne ha più ne metta. Nemmeno fosse un ministro. Benvenuto nella più importante delle autorità insieme alla Consob, quella che mette il dito in interessi forti e poteri corposi.

    Il passaggio dalle rigidità corporative al mercato liberalizzato non avviene in poco tempo, alcune cose sono state fatte, altre saranno realizzate. Il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, risponde così alla richiesta di un commento sulla “frenata” del governo in materia di liberalizzazioni. “Il nostro paese – dice Pitruzzella parlando indirettamente delle liberalizzazioni contenute nella manovra Monti – è ricco di incrostazioni corporative che frenano la concorrenza. Si è avviato un processo di rimozione di queste barriere che però non può esaurirsi in poco tempo. E' un processo sul quale si è impegnato il governo che qualche cosa ha già fatto e continuerà a impegnarsi, ma non si può pensare che si passi da anni di incrostazioni a piene liberalizzazioni in poco tempo”.

    Ma che presidente sarà questo avvocato siciliano, costituzionalista tra i più apprezzati, un cinquantenne (è nato nel 1959) con la passione per la mountain bike? “Sarò un uomo delle regole, in questo come i miei predecessori”, risponde al Foglio e percorre in breve i diversi approcci seguiti nel passato, prima di annunciare la sua attenzione alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali e delle professioni, in particolare.

    “L'Autorità per la concorrenza ha avuto caratteri diversi a seconda delle situazioni storiche – spiega – Ci sono stati gli anni di Francesco Saja, quelli del consolidamento organizzativo: si doveva creare una istituzione che non c'era, nata solo nel 1990. Poi gli anni di Giuliano Amato che condusse una grande operazione anche culturale: mettere l'Antitrust sotto l'ombrello comunitario, riferimento diretto delle sue attività e, partendo da qui, operare una rilettura della Costituzione economica italiana, prima interpretata con gli occhiali dello statalismo e dell'interventismo pubblico, con un forte sospetto verso il mercato. Al contrario, in quegli anni si realizza una revisione che porterà la Corte costituzionale a ritenere che l'articolo 41 consideri la concorrenza come valore da rispettare. Nel 1992 ero allora giovane costituzionalista e ricordo la forte impressione che mi destò al convegno annuale dei professori di Diritto costituzionale la relazione di Amato sul mercato nella Costituzione. Fino a quel momento, parlavamo dei limiti dell'iniziativa economica, della necessità di imporre oneri per finalità sociali, dei monopoli pubblici legittimati dall'art 43. Giuliano Amato, creando una connessione con l'evoluzione comunitaria, introduce il rilievo costituzionale del mercato”.

    Giuseppe Tesauro, nominato nel 1997, grande studioso di Diritto, avvocato generale presso la Corte di giustizia europea, ha arricchito, sottolinea Pitruzzella, il rapporto con il diritto comunitario realizzando un grande obiettivo: “Far capire a tutti che le norme a tutela della concorrenza non erano cedevoli e non potevano essere violate a seconda delle convenienze. Introduce, così, una pratica di deterrenza con forti sanzioni economiche”. Quanto ad Antonio Catricalà, ha sviluppato l'idea che “si può intervenire ex ante sulla struttura di mercato: piuttosto che sanzionare comportamenti illeciti, meglio costringere prima le imprese a modificare i propri comportamenti e intervenire sugli assetti di mercato per favorire la concorrenza, prassi che si sviluppa anche a livello europeo. Le sanzioni, così, sono state molto inferiori rispetto alle decisioni con impegni, in cui cui le imprese per evitare la sanzione assumono l'obbligo di adottare comportamenti favorevoli alla concorrenza. Contemporaneamente ha valorizzato le competenze a tutela del consumatore”.

    Tutto ciò apre la porta alla trattativa privata con i vari gruppi. Pitruzzella non nega che ci siano rischi: “Il primo è che, anziché controllore, l'Antitrust diventi un regolatore alla stregua del governo; il secondo rischio è che il negoziato possa minare l'indipendenza. Dunque, è una questione di misura e di equilibrio tra pratiche alla Tesauro e pratiche alla Catricalà. Soprattutto deve essere chiara la procedura, cioè occorre rendere trasparente il rapporto con l'impresa evitando un negoziato perenne. L'impresa deve assumere impegni seri fin dall'inizio, evitando continue lunghe negoziazioni, altrimenti scatta la sanzione”. Il nuovo presidente prende le distanze da Catricalà? “Voglio seguire una linea di equilibrio tra queste anime dell'antitrust. Non ce n'è una prevalente, muovono tutte da esigenze reali, storiche e politiche”.

    Oggi, le priorità appaiono altre: risanamento dei conti, tenuta sociale, crescita. “Sì, la recessione è stata storicamente di ostacolo allo sviluppo della concorrenza, perché gli effetti positivi si sentono dopo un po' di tempo, i costi derivanti dall'eliminazione di un'impresa non efficiente sono immediatamente visibili quando non c'è occupazione. Contemporaneamente, in questi anni torna in voga lo stato salvatore, pensiamo a quanto avviene nel settore delle banche. Dobbiamo stare attenti, quando nel 1933 l'Amministrazione Roosevelt venne a sospendere le regole della concorrenza aggravò ulteriormente la Grande depressione. La crisi può essere, invece, una grande opportunità nel senso che dobbiamo certo mettere a posto i conti, ma dobbiamo anche stimolare la crescita, l'Europa ci chiede entrambe le cose. Tassare senza crescere sarebbe esiziale, al tempo stesso, però, le politiche per lo sviluppo debbono costare poco perché le risorse sono scarse. E qui assume rilievo la concorrenza, come strumento per rafforzare la competitività dell'Italia sui mercati”.

    Che cosa si può fare in concreto? “Eliminare le troppe regolazioni amministrative che inceppano gli ingranaggi del meccanismo concorrenziale, questa è una competenza prevalentemente del governo e del Parlamento che debbono fare nuove leggi, ma noi come Antitrust faremo la nostra parte, svolgendo anche una funzione di stimolo e di promozione. L'altro aspetto è la tutela della concorrenza con le regole esistenti, la nostra propria missione: cercheremo di operare nel modo migliore possibile perché la concorrenza sia una guida, un principio ispiratore, una cultura degli operatori del mercato, un elemento strutturale della nostra economia”.

    Da dove comincerà? Sono molte le eredità lasciate dalle gestioni precedenti: intrecci proprietari e di governance, la matassa delle banche e delle società finanziarie… “Qui è già intervenuto il governo – ricorda Pitruzzella – impedendo le partecipazioni personali incrociate nelle banche”. Riguarda i consiglieri di amministrazione non la proprietà: “Vero; ma sui problemi di concentrazione e di cartelli, che non riguardano solo le banche, interverremo per far rispettare i principi della legge e del diritto comunitario. Tuttavia, il settore bancario è particolare, in questo momento storico, stiamo attenti a non calcare troppo la mano perché i contraccolpi potrebbero essere pericolosi per l'intera economia”.

    Il neo presidente confessa al Foglio: “Mi sono sentito assediato, a volte persino aggredito e per svariate ragioni. La prima è dovuta al fatto che esistono tanti nodi che non sono stati sciolti, e si sono ulteriormente aggrovigliati. La seconda è che c'è stata una semplificazione mediatica dell'attività dell'Antitrust il quale non è organo politico che decide liberamente cosa va cambiato. C'è chi ha sospettato che, in quanto avvocato, non potessi liberalizzare la professione forense. In realtà, è compito del legislatore, io sono stato sempre favorevole alla liberalizzazione e chiaramente se ci saranno ordini professionali che violeranno le norme sulla concorrenza, li sanzionerò. Anche se l'Antitrust segue procedure definite: non possiamo alterarle, noi operiamo come autorità tecnica. E l'autorità non è quella del presidente; qui c'è un collegio formato da cinque membri ed è il collegio che decide”.

    E' vero, ma a gennaio diventeranno quattro e il presidente sarà determinante. Pitruzzella insiste nel dire che il Consiglio è formato da persone di alto livello professionale, scelte dai presidenti dei due rami del Parlamento con sensibilità e orientamento politico diverso: “Anche io sono stato nominato dai due presidenti con estrazioni politiche nettamente distinte: il presidente del Senato Renato Schifani è uno dei leader del Pdl, l'altro, il presidente della Camera Gianfranco Fini, uno dei principali oppositori di Silvio Berlusconi. Ciò credo che sia una garanzia della mia indipendenza”.

    Molti hanno messo in discussione anche la sua competenza: “Da costituzionalista, come ha ricordato Valerio Onida (il che mi ha fatto molto piacere), sono abituato non solo a operare con riguardo alla libertà economica ma a realizzare quelle azioni di bilanciamento dei principi che caratterizzano anche il comportamento dell'Antitrust”. Il professor Pitruzzella ha una impostazione chiaramente liberale che non solo non rinnega, ma vanta come carta d'identità appropriata per chi deve far rispettare la concorrenza. “Non ho mai nascosto le mie simpatie per società ed economia aperte – sottolinea – Ho creduto nel valore della concorrenza anche nel settore dei servizi pubblici locali”.

    Annunciare un elenco di priorità facendo nomi e cognomi sarebbe inopportuno. “Tutti i fascicoli sono coperti dal segreto d'ufficio”, precisa, all'indomani della decisione di multare l'Auditel per aver favorito Rai e Mediaset; tuttavia è possibile indicare una scaletta di interventi. “Certo, dovremo occuparci della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, il nuovo governo ci ha trasformati in una sorta di pubblico ministero della concorrenza nel mercato locale e potremo impugnare gli atti di affidamento dei servizi pubblici in conflitto con le regole della concorrenza. Interverremo nelle reti per assicurare che nei servizi ci sia concorrenza effettiva, contrastare abusi di posizione dominante che alcuni grossi operatori realizzano nel mercato nel settore delle comunicazioni, ma non potrò non tenere conto dello stato in cui si trovano le procedure che sono state aperte dal mio predecessore, perché compirei degli atti illegittimi; non posso cancellare il passato. La storia non inizia oggi, ma io continuo la storia di un'istituzione con la quale m'identifico”.