L'idraulico centrale europeo

La strategia di Draghi per far scorrere l'euro senza farsene garante

Stefano Cingolani

Il banchiere centrale come un idraulico. Mario Draghi, anziché inondare l'economia di denaro liquido, stile Ben Bernanke, preferisce sturare i condotti intasati dei vasi comunicanti per riportare in equilibrio i flussi monetari. Lo ha spiegato ieri al Financial Times, alla vigilia della manovra alla quale il presidente della Bce affida un ruolo cruciale.

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    Il banchiere centrale come un idraulico. Mario Draghi, anziché inondare l'economia di denaro liquido, stile Ben Bernanke, preferisce sturare i condotti intasati dei vasi comunicanti per riportare in equilibrio i flussi monetari. Lo ha spiegato ieri al Financial Times, alla vigilia della manovra alla quale il presidente della Bce affida un ruolo cruciale. Si tratta di operazioni a lungo termine attraverso le quali le banche possono finanziarsi all'uno per cento per 36 mesi, senza limiti. La versione europea del quantitative easing anglo-americano? “Le chiamiamo misure non standard”, risponde Draghi. In Italia hanno già acceso un dibattito che divide gli esperti, anche gli stessi draghiani. A spezzare una lancia a favore era stato Luigi Zingales sul Sole 24 Ore prendendo le distanze dalla polemica di Giuseppe Mussari contro l'Agenzia bancaria europea che mette sotto stress gli istituti italiani chiedendo loro di aumentare il capitale.

    Liberista di Chicago, Zingales ha sempre preferito più capitale a più regole, ma adesso si è convertito anche all'idea che la Banca centrale europea possa finanziare i governi attraverso le banche. Eugenio Scalfari sulla Repubblica lo ha spiegato come meglio non avrebbe potuto lo stesso Draghi: le banche dell'Eurozona chiederanno alla Bce e alle Banche centrali dei rispettivi paesi prestiti triennali per cifre illimitate; la Bce mette a disposizione un plafond fino a duemila miliardi. Le banche dovranno offrire tre possibili collaterali: titoli dei debiti sovrani al loro valore di rating; obbligazioni emesse dalle stesse banche; crediti cartolarizzati. La Bce si aspetta lo sblocco del credito interbancario, la ripresa in grande stile del credito alle imprese, l'acquisto di titoli dei paesi in difficoltà, grazie all'ampio differenziale tra il 5-6 per cento dei rendimenti di mercato e il risconto dell'un per cento presso la Bce. Un colossale salvataggio. Al Ft, Draghi precisa: “L'importante è allentare la pressione sulla provvista di fondi. Una delle cose che possono fare le banche è comprare titoli sovrani. Ma non è l'unica”. “Le banche salva-debito? Un grave errore”, Guido Tabellini, rettore della Bocconi boccia invece la manovra dalla prima pagina del Sole.

    E argomenta. In primo luogo, non si vede perché le banche del nord Europa che hanno venduto già il 44 per cento dei titoli del sud in portafoglio, dovrebbero riacquistarli di nuovo. La differenza tra i tassi attivi e passivi non basta: alla fine “le autorità monetarie e i governi del sud Europa dovrebbero esercitare pressioni per indurre le loro banche a comportarsi in modo patriottico”, di fatto a nazionalizzare il debito. Ciò rivela “perché l'idea oltre a essere sbagliata è anche pericolosa, soprattutto per l'Italia”. Le dimensioni sono troppo grandi: solo nel 2012 sono da collocare 400 miliardi di euro, circa il 50 per cento di tutto il debito detenuto dalle banche italiane. Il 40 per cento del debito in mani francesi e tedesche, è l'unica nostra arma contrattuale. “Ma soprattutto, spingere le banche a comportarsi da acquirenti di ultima istanza, al posto di una Banca centrale che abdica a questo ruolo, rischia di essere controproducente”.

    Abdicare: la parola è grossa. Anche perché altri analisti sostengono che Draghi non rompe il tabù, ma di fatto sta pilotando un cambiamento nei modi, nei tempi e negli strumenti. Daniel Gros attribuisce allo sblocco delle tubature creditizie un ruolo chiave anche per aiutare l'Italia a uscire dal tunnel. Secondo alcune letture benevole, la stessa Germania sarebbe favorevole a un maggiore interventismo della Bce a sostegno dei governi, ma solo a fronte di credibili e rigorosi programmi e dopo l'approvazione del nuovo Patto di stabilità con punizione dei reprobi. Dunque, appuntamento al vertice di primavera. Non sarà troppo tardi? Senza una barriera anti incendio solida, basta un fiammifero per bruciare tutto: il fallimento pilotato della Grecia può sfuggire di mano, il downgrading della Francia, o un ulteriore allarme per le banche spagnole allo stress test, possono spaventare i mercati. Il vero bazooka non è stato ancora caricato. Che vuol dire, fuor di metafora, stampare moneta e difendere i titoli pubblici da attacchi speculativi, per esempio fissando una soglia di riferimento. Lo ha fatto la Banca centrale svizzera per il franco. E non ha sborsato un centesimo, è bastato l'annuncio.

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