Parla Bombassei

Abrogate pure l'articolo 18 ma senza costose tutele

Michele Arnese

Sul progetto governativo di una riforma del lavoro che preveda anche una maggiore possibilità di licenziare c'è la contrarietà della Cgil (“L'articolo 18 è una norma di civiltà”, ha ribadito ieri il segretario Susanna Camusso) e il favore di Confindustria (“Non esistono tabù”, ha detto ieri il presidente Emma Marcegaglia, echeggiando il ministro del Lavoro, Elsa Fornero).

Leggi "L'articolo 18 non è un tabù". Parla Fioroni, responsabile Welfare del Pd

    Sul progetto governativo di una riforma del lavoro che preveda anche una maggiore possibilità di licenziare c'è la contrarietà della Cgil (“L'articolo 18 è una norma di civiltà”, ha ribadito ieri il segretario Susanna Camusso) e il favore di Confindustria (“Non esistono tabù”, ha detto ieri il presidente Emma Marcegaglia, echeggiando il ministro del Lavoro, Elsa Fornero).

    Tra gli industriali prevale un atteggiamento positivo verso il progetto, ma restano incognite e dubbi, sottolineati al Foglio dal vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali, Alberto Bombassei: “Mi aspetto – dice uno dei tre candidati alla successione di Marcegaglia – che ci venga proposta un'accurata revisione delle norme sulle forme di assunzione, per evitare fenomeni di abuso e situazioni di precarietà, ma anche per rivedere le regole per il licenziamento prevedendo, al tempo stesso, un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per facilitare la ricollocazione delle persone”.

    Bombassei, però, non svilisce il ruolo degli attuali ammortizzatori sociali, compresa la cassa integrazione, difesi anche dall'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: “E' complesso modificare, anche solo in parte, un sistema di ammortizzatori che, anche nell'attuale crisi, ha saputo rispondere ad una esigenza primaria e cioè quella di non rompere il collegamento fra imprese in difficoltà e i loro dipendenti. Un sistema, lo ricordo ancora una volta, finanziato direttamente dalle imprese industriali”. Quindi non è d'accordo sull'introduzione di un reddito minimo garantito ipotizzato dall'esecutivo? “Non credo sia la soluzione. Certamente la riforma dovrebbe tendere all'universalizzazione delle tutele ma sempre ispirandosi al principio assicurativo, ossia condizionando l'erogazione delle prestazioni al finanziamento da parte delle imprese, di tutte le imprese”.

    Nonostante queste perplessità, Bombassei apprezza in linea di massima la proposta del senatore Pd, Pietro Ichino, al quale si sta ispirando il tecnogoverno: “La logica europea della flexsecurity è senz'altro condivisibile. La tutela per il lavoratore deve concentrarsi sempre più sul mercato del lavoro e meno sul singolo posto di lavoro”. Ma “l'aspetto meno definito nella proposta Ichino – spiega il vicepresidente di Confindustria – è proprio quello della esatta quantificazione degli oneri connessi alla riforma e ancor più all'esatta individuazione della ripartizione di questi oneri tra le imprese e il sistema pubblico. E' evidente che i costi del sistema non possono essere sostenuti solo dalle imprese”.
    Per Bombassei l'agenda del governo Monti è chiara: “Bisogna proseguire sulla strada delle misure strutturali che diano alle imprese la possibilità di scommettere sul futuro”. Dopo la “pesante ma necessaria” manovra detta “salva Italia”, “si tratta ora di impegnarsi per dare risposte sulla riforma fiscale, il credito alle imprese, le cessioni del patrimonio pubblico, le liberalizzazioni, le ulteriori semplificazioni, la politica energetica, l'economia digitale, la ricerca e l'innovazione”.

    A proposito di ricerca e innovazione. Il Foglio si è chiesto se tutti gli incentivi statali alle imprese siano davvero utili ed efficaci. Bombassei prima di rispondere ricorre ad alcuni dati: “I dati di contabilità pubblica riferiti al 2010 indicano in 30 miliardi gli aiuti pubblici alle imprese. Per quanto mi risulta la stragrande maggioranza di tali aiuti va a imprese partecipate o controllate dall'area pubblica. Alle imprese industriali e dei servizi alla produzione sono destinati non più di 2,7 miliardi di euro”. Quindi servono come forma minima di politica industriale? “Non mi sembra si debba parlare di ridimensionamento visto che gli obiettivi cui si rivolgono queste risorse sono particolarmente ambiziosi e includono il sostegno a ricerca e sviluppo dei privati, al processo di innovazione e internazionalizzazione delle imprese, alla nascita di nuove attività produttive, ecc”. Bombassei, però, è disposto a uno scambio virtuoso: “Se proprio dovessi prendere in considerazione una contropartita non avrei dubbi: le risorse siano destinate a finanziare una riduzione del costo del lavoro, a favore di imprese e lavoratori. Quindi per lo sviluppo e l'occupazione”.

    Leggi "L'articolo 18 non è un tabù". Parla Fioroni, responsabile Welfare del Pd