Perché Bersani non potrà dire a lungo "no" alla riforma dell'articolo 18

Claudio Cerasa

Questa mattina il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, si è lasciato sfuggire una dichiarazione molto minacciosa in relazione alla possibilità che il governo guidato da Mario Monti nei prossimi giorni possa mettere davvero mano al famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Toccare “l'articolo 18 ora è roba da matti”, ha detto Bersani durante il brindisi di auguri con il gruppo dei deputati del Pd alla Camera. Le parole di Bersani verranno probabilmente lette come una sorta di “altolà del Pd all'articolo 18” ma le cose nel Pd sono molto più complicate di come potrebbero sembrare.

    Questa mattina il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, si è lasciato sfuggire una dichiarazione molto minacciosa in relazione alla possibilità che il governo guidato da Mario Monti nei prossimi giorni possa mettere davvero mano al famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Toccare “l'articolo 18 ora è roba da matti”, ha detto Bersani durante il brindisi di auguri con il gruppo dei deputati del Pd alla Camera. Le parole di Bersani verranno probabilmente lette come una sorta di “altolà del Pd all'articolo 18” ma le cose nel Pd sono molto più complicate di come potrebbero sembrare, e la verità è che il segretario del Partito democratico in queste ore è costretto a fare gli straordinari per provare a mediare tra due posizioni che più lontane tra di loro non potrebbero essere. Posizioni perfettamente sintetizzate questa mattina in due interviste rilasciate sul tema “riforma del mercato del Lavoro” da due esponenti di spicco del Pd come Cesare Damiano (capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera e fermo sostenitore, in perfetta sintonia con la Cgil, della necessità di non toccare l'articolo 18) e Pietro Ichino (senatore del Pd esponente della corrente veltroniana Modem e grande sostenitore della necessità di riformare il mercato del Lavoro a immagine e somiglianza del famoso “modello danese).

    Dov'è il problema? Semplice. Bersani sa che la riforma del mercato del lavoro sarà uno dei primi dossier che verranno affrontati dal governo all'inizio del prossimo anno ma allo stesso tempo sa che quando il Pd dovrà dare una risposta chiara sul tema “articolo 18 sì o no” non potrà non tenere conto che su questo punto una parte importante (e forse maggioritaria) del partito la pensa in modo diametralmente opposto rispetto a come la pensa non solo il responsabile Economia del Pd (Stefano Fassina) ma anche uno degli azionisti di maggioranza del Pd (la Cgil). E per andare più nello specifico questa parte importante (e forse maggioritaria) del partito considera assolutamente necessario riformare in fretta il mercato del lavoro e (al contrario della Cgil) non considera affatto un tabù mettere mano all'articolo 18. Di questa parte importante (e forse maggioritaria del partito) fanno parte gli ipermontiani del Pd (da Veltroni a Franceschini, da Gentiloni a Renzi, da Enrico Letta a Pietro Ichino) e fa parte soprattutto quello che fino a prova contraria è il responsabile Welfare del Partito democratico, ovvero il dirigente del Pd a cui Bersani due anni fa ha affidato il compito di dare la linea del partito sulle politiche sociali. La persona in questione si chiama Giuseppe Fioroni e in un'intervista rilasciata al Foglio due giorni fa Fioroni è stato chiaro, molto chiaro: la riforma del mercato del lavoro è una priorità e toccare l'articolo 18 a certe condizioni non può essere un tabù.

    Tutto questo per dire cosa? Per dire che oggi Bersani potrà pure dire (per la gioia natalizia della Cgil) che toccare l'articolo 18 è roba da matti ma quando il prossimo anno il governo deciderà di mettere mano all'articolo 18 con ogni probabilità Bersani sarà costretto a scendere dalle barricate e sarà costretto “per il bene del paese” a dire ancora una volta di “sì” al governo Monti. Perché poi in fondo che l'articolo 18 per il segretario del Pd non sia esattamente più un tabù è chiaro a tutti ormai da qualche settimane. Da un giorno in particolare: quando Bersani lo scorso 22 novembre disse quasi rassegnato davanti ai cronisti a Montecitorio che “suvvia ragazzi non drammatizziamo l'articolo 18, perché in fondo il 95 per cento delle aziende quell'articolo neppure ce l'ha...".

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.