Il governo è tecnico, ma le liti sono sempre le stesse

Salvatore Merlo

Tecnici, saggi, professori, esperti, la politica è un'infezione che contagia tutti. “Ho un'idea per la trasmissione della Sciarelli: ‘Chi ha visto il viceministro del Lavoro Michel Martone?'”. La battuta di Dario Di Vico, editorialista economico del Corriere della Sera, illumina il cono d'ombra nel quale è precipitato questo giovane viceministro (e al momento della sua nomina anche celebrato per l'età: trentasette anni).

    Tecnici, saggi, professori, esperti, la politica è un'infezione che contagia tutti. “Ho un'idea per la trasmissione della Sciarelli: ‘Chi ha visto il viceministro del Lavoro Michel Martone?'”. La battuta di Dario Di Vico, editorialista economico del Corriere della Sera, illumina il cono d'ombra nel quale è precipitato questo giovane viceministro (e al momento della sua nomina anche celebrato per l'età: trentasette anni). Martone, appunto, cioè l'uomo che da un mese si trova nella specialissima condizione di essere l'unico membro del governo a non avere alcuna delega perché in contrasto violento con il suo ministro, Elsa Fornero. Di Vico, con ironia (“chi l'ha visto?”), finisce così, portando sul proscenio lo strano caso di Michel Martone, col rivelare quanto la dialettica politica esista anche ai piedi del trono tecnocratico di Mario Monti: ci sono ministri che non vanno d'accordo tra loro (Corrado Passera non è ben visto proprio da tutti), si confrontano interessi politici contrastanti (cosa pensa il ministro della Salute Renato Balduzzi del sottosegretario Piero Giarda intervenuto a pié pari sulle sue deleghe a proposito delle farmacie?), si misurano ambizioni tra loro inconciliabili (Mario Draghi non ama Vittorio Grilli, ricambiato) e le relazioni con i partiti, con i gruppi di pressione, con le organizzazioni sociali (i sindacati e la Confindustria) contano molto, proprio come in un governo politico-politico. Con la sola, non trascurabile, differenza che tutto ciò che in un governo politico avviene in superficie, in un governo tecnico si agita invece nell'ombra; il che fa apparire torbido anche ciò che di torbido non ha proprio nulla. La differenza tra tecnica e politica è filosofica? O si tratta del solito mistero linguistico che nasconde il solito pasticcio? La mancata ratifica delle deleghe a Martone è tecnica o politica? L'abilità con la quale Giarda ha negoziato con i partiti (e le lobby) per emendare il pacchetto delle liberalizzazioni – evitando di consultare il ministro competente, Passera (un po' scocciato) – è tecnica o è politica? La freddezza con la quale il presidente della Bce Mario Draghi guarda all'incarico di viceministro dell'Economia dato all'ex tremontiano Vittorio Grilli è tecnica o è politica?

    Elsa Fornero ha una sua buona idea su come condurre il ministero del Lavoro e i rapporti difficili con i sindacati, soprattutto con la Cgil (il ministro ha vissuto la polemica sull'articolo 18 come “un incidente”). Così quando osserva il giovane Martone, amico dell'ex ministro berlusconiano Maurizio Sacconi e di Renato Brunetta, figlio di una buona borghesia di relazioni, trasversale (Enrico Letta lo stima) ma decisamente più vicino alla Cisl di Raffaele Bonanni che a Susanna Camusso, solleva un sopracciglio.

    Quando lo osserva, Fornero vede un problema. E malgrado Monti lo abbia fatto viceministro (e non semplice sottosegretario), il ministro del Lavoro lascia Martone lì dov'è, nel congelatore. Una sorte ben diversa da quella di Mario Ciaccia, ex Banca Intesa, immediatamente nominato sottosegretario, e subitaneamente promosso viceministro (di Passera) con deleghe enormi: le infrastrutture. Dove ci sono denari si concentrano anche più interessi (politici o tecnici?), e si deve fare presto. Così Martone intanto sogna dolci e terribili ritorsioni, al punto da aver ipotizzato di concedere un'intervista sui temi del lavoro con la quale avrebbe dovuto pungere un po' Fornero. D'altra parte le ultime uscite pubbliche di Fornero l'hanno esposta a critiche (ma anche ad applausi) notevoli all'interno del governo.

    La ministra è un elemento di allarme
    sia per l'uomo del destino (Passera), sia per la rivelazione del nuovo esecutivo: Piero Giarda. Il ministro dello Sviluppo economico, cui vengono attribuite enormi ambizioni politiche (complici le avance di Pier Ferdinando Casini, ma non solo), lui che era già ministro prima che Monti fosse premier, si è visto sottrarre da Fornero il ruolo di uomo forte del governo, e ha un po' sofferto per aver dovuto rimandare alcuni passaggi del pacchetto sulla crescita. Mentre Giarda – sottosegretario alla presidenza del Consiglio, grande esperienza nella macchina dello stato (regioni comprese, chiedere all'allarmato ministro Piero Gnudi) e uomo che ogni giorno di più allarga le proprie deleghe informali (da qui una competizione con l'altro sottosegretario alla presidenza, Antonio Catricalà) – con Fornero è stato molto esplicito nel corso di una conversazione privata e dai toni accesi: sull'articolo 18 sei caduta, troppo ingenuamente, in una trappola mediatica. E Fornero ha infatti poi precisato, smorzato, pubblicamente: “Non ho mai parlato dell'articolo 18”. Corpo di tecnico e testa di politico, o viceversa, come un tempo furono Giulio Tremonti, Antonio Martino, Giuliano Urbani: tutti hanno subìto l'operazione chirurgica, l'ibridazione, sui divani di Montecitorio, anche se un tempo, in un'altra vita, furono segnati con diverso destino. E dunque la qualifica di tecnico, pubblicamente attribuita, è forse il primo gradino della nuova carriera.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.