Vacilla il "regno" del sultano Nazarbayev
Non saranno stati i venti della primavera araba a soffiare sulle steppe, ma gli scontri che da una settimana scuotono il ricco Kazakhstan fanno pensare che la stella del presidente Nursultan Nazarbayev stia iniziando a tramontare. Tutto è cominciato in una città petrolifera dell'ovest, Zhanaozen, dove la protesta degli operai delle raffinerie che chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro è stata repressa nel sangue.
Non saranno stati i venti della primavera araba a soffiare sulle steppe, ma gli scontri che da una settimana scuotono il ricco Kazakhstan fanno pensare che la stella del presidente Nursultan Nazarbayev stia iniziando a tramontare. Tutto è cominciato in una città petrolifera dell'ovest, Zhanaozen, dove la protesta degli operai delle raffinerie che chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro è stata repressa nel sangue.
La vertenza va avanti da più di tre anni, e non ha alcuna rivendicazione politica. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco, causando (secondo le stime ufficiali) quindici morti, anche se dall'opposizione qualcuno dice che le vittime sarebbero almeno settanta. Nazarbayev non ha esitato a pretendere il pugno di ferro nei confronti dei contestatori, sconcertato perché gli operai hanno osato rovinare la sua festa preferita, quella dell'indipendenza dall'Unione Sovietica, che ricorreva proprio il 17 dicembre. Decretato lo stato d'emergenza e imposto il coprifuoco, il presidente ha chiarito che i responsabili saranno stanati e adeguatamente puniti.
E' una crepa in quello che fino a oggi sembrava una realtà più o meno pacifica che tentava di affacciarsi a occidente grazie anche ai suoi sconfinati giacimenti di uranio, gas e petrolio. Un paese immenso diventato in vent'anni il giocattolo preferito nelle mani di Nazarbayev, che di punto in bianco decise di abbandonare la vecchia e periferica Almaty per costruire dal nulla una capitale nuova di zecca, la ipermoderna Astana. Lo prendevano in giro, dicevano che la sola idea di gettare le fondamenta in mezzo alla steppa era una follia. Lui, Nursultan, rideva e sognava già i 97 metri della torre di Bayterek o le spiagge sotterranee capaci di allietare i rigidi inverni delle famiglie astanesi.
Nonostante le critiche degli osservatori internazionali che mal digerivano i risultati elettorali con cui veniva regolarmente rieletto alla guida del Kazakhstan (le percentuali non sono mai scese sotto il 90 per cento, Nazarbayev ha saputo costruirsi una fama da moderato e da uomo capace di combattere il terrorismo islamico che nei paesi confinanti piazzava una bomba un giorno sì e l'altro pure, anche se negli ultimi tempi lo spettro del jihad si è affacciato anche nelle città kazache, come dimostra l'attentato suicida contro un edificio pubblico dello scorso maggio ad Aqtobe. Sembrava tutto perfetto, forse troppo per essere vero, e infatti è bastato un piccolo sciopero per far traballare il mito.
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