Il calcio dell'asino di De Monticelli a don Verzé, meritato ma fa schifo

Maurizio Crippa

Il calcio dell'asino. “Una grande giornata per l'Università Vita e Salute… forse l'inizio di una vita nuova”. Sul Fatto di ieri, Roberta De Monticelli ha intonato il suo natalizio Exultate jubilate, ma ne è uscito uno stonato raglio d'asino. Irritante anche per chi, come noi, di calcioni a don Luigi Verzé ne ha dati, quando il mondo dei giornaloni osannava con secondi fini più che apparenti il prete libero-pensatore sui temi bioetici.

    Il calcio dell'asino. “Una grande giornata per l'Università Vita e Salute… forse l'inizio di una vita nuova”. Sul Fatto di ieri, Roberta De Monticelli ha intonato il suo natalizio Exultate jubilate, ma ne è uscito uno stonato raglio d'asino. Irritante anche per chi, come noi, di calcioni a don Luigi Verzé ne ha dati, quando il mondo dei giornaloni osannava con secondi fini più che apparenti il prete libero-pensatore sui temi bioetici. Scrive De Monticelli che i docenti dell'Università del San Raffaele – forse anche fiutando arrivare i soldini freschi e puliti di nuovi soci (l'Humanitas) che allontanerebbero la minacciosa cordata vaticana – hanno messo a punto uno “statement” in cui configurano modifiche sostanziali allo statuto dell'ateneo (elezione del rettore e altro) nonché la nomina di un nuovo cda il cui presidente sia “una figura di alto valore professionale e deontologico”. Insomma rottamare dalla carica di rettore don Verzé, che in effetti aveva provato a fare dell'ateneo l'ultima ridotta di resistenza dentro la sua creatura. Niente da fare, ora i docenti libero-pensatori o diversamente credenti vogliono l'università tutta per loro, in nome del “rilancio dei suoi valori e principi ispiratori” e di una nuova era sotto “lo sguardo critico della società civile”. L'orticello accademico è sacro.

    Fa una penosa impressione leggere De Monticelli che si lascia andare con poca eleganza: “Che emozione sentir finalmente risuonare quelle parole… segnali chiari di cambiamento rispetto a un passato… troppo spesso improntato a una gestione del potere poco trasparente”. Adesso la filosofa può finalmente confessare: “Stringe il cuore, quando si va a lezione vedersi incombere sui pensieri quell'angelone bianco e d'oro… il simbolo di un delirio di potenza che rischia di rovinare uno splendido esperimento intellettuale”. Perbacco, come deve avere sofferto, nell'intimo della sua libera coscienza, in tutti questi anni a libro paga di quel malfattore di prete, sotto quella baracconata un po' troppo vetero-cattolica di arcangelo non necessario (che volgarità). Lei e Cacciari, che volevano unire le “tre dimensioni della persona umana” in una sintesi filosofica superiore e non così banalmente dogmatica come quella cattolica. E in effetti avevano trovato il pollo adatto, perché “questa università fondata da un prete non c'entra nulla col sistema delle università cattoliche e col Vaticano”. Adesso il prete può anche prendersi il calcio dell'asino, ché il suo “angelone è tanto goffamente impari a quel sogno”.

    Almeno Verzé, in vita sua, qualche malato l'ha curato, e bene. De Monticelli invece è “la voce di chi teme forte che qualcuno possa mettere le briglie alla libertà di ricerca”. Tradotto, significa la fifa che arrivasse qualcuno a rovinare a Vito Mancuso la libertà di scrivere a piacer suo “i fondamenti dottrinali dello stesso San Raffaele”, “sotto la cupola assurdamente impotente che sfora il cielo oltre la Madonnina e apre il baratro immenso del bilancio”. Ecco. La chiave è quell'“impotente”. Si stava bene, quando il prete cacciava i soldi, che non puzzano. E adesso che è schivato il rischio, lo possono eticamente sfanculare, con l'accusa di malfattore. Loro, i puri da ogni magheggio: “Non una lira di quelle per le quali il sistema è indagato per associazione a delinquere è mai arrivata nelle casse della ricerca”. Campavano d'aria, loro. Don Verzé è stato il fecondatore in vitro di questa spocchia (bio)eticheggiante e luciferina. Nella scala dei peccati contro lo Spirito, è ben più grave di aver speso soldi a vanvera. Quindi il calcio dell'asino se l'è meritato. Ma chi glielo sferra, fingendo di aver lo zoccolo puro, è anche peggio di lui.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"