Feste senza crisi

Maurizio Milani

Manifesto molto completo per rilanciare l'economia (italiana, gli altri si arrangino). Lo stato deve incentivare i tatuaggi. Chi si fa tatuare prende duecentocinquanta euro di contributo pubblico. Si calcola che la superficie da tatuare è vastissima. Dispiace per chi è già tutto tatuato, invece a chi non si è mai fatto un tatuaggio lo stato dà 5-6.000 euro (più tatuaggi ti fai più prendi). I tatuatori hanno beneficio essendo a loro volta pagati dal comune.

    Manifesto molto completo per rilanciare l'economia (italiana, gli altri si arrangino). Lo stato deve incentivare i tatuaggi. Chi si fa tatuare prende duecentocinquanta euro di contributo pubblico. Si calcola che la superficie da tatuare è vastissima. Dispiace per chi è già tutto tatuato, invece a chi non si è mai fatto un tatuaggio lo stato dà 5-6.000 euro (più tatuaggi ti fai più prendi). I tatuatori hanno beneficio essendo a loro volta pagati dal comune. Lavorano le ditte di colori e i bar vicini ai negozi di tattoo. A chi invece si fa un piercing lo stato dà 1.500 netti (puliti). Una città come Milano può basare tutta la sua economia su tattoo e piercing. Questi trainano l'indotto: stivali chiodati, giubbotti con borchie, birre scure, scenate di gelosia. I padroni degli immobili sede di tattoo prendono le pigioni. Da tutto il mondo vengono a tatuarsi a Milano: lavorano hotel, taxi, agenzie di viaggio. Costo iniziale per avviare l'opera: ottanta miliardi di euro, a carico della provincia di Sondrio (che se anche si lamenta, la legge è legge, ce ne sono di cose non giuste).

    Poi le gare: il tatuaggio più bello, il tatuaggio più brutto, dirette televisive con spot pubblicitari, comitati che si lamentano per la deriva etica della società (spazio televisivo anche per loro). Alla fine diventa tutto un circo. Adesso lo è, ma meno. Viene istituita l'Iva sui tatuaggi (al 37 per cento). Domanda del lettore: “Perché, prima non c'era?”. Risponde il governo Monti: “No, non ci risulta! Nemmeno per mettersi l'anello al naso. C'era l'Iva al nove per cento a chi metteva l'anello al naso ai tori (se il toro era suo, se di una società l'Iva era al cinque per cento). Adesso abbiamo messo l'aliquota fissa al ventisette per cento sia per chi si smalta le unghie delle zampe, sia per chi si mette le ciglia finte (parliamo di animali da circo), sì a chi si spara anelli nelle cartilagini molli. Insomma, fate quello che volete, basta che il piercing sia fatturato (almeno la metà)”. Berlusconi quella volta non doveva dire che i ristoranti e i voli aerei sono tutti pieni, doveva dire: “Neu negozi dove fanno i tatuaggi c'è da prenotare con liste d'attesa di sei mesi, come mai lì non c'è la crisi?”. Risponde Trefiletti: “Chi lo sa?”.

    A proposito della abolizione degli ordini annunciata da Monti, come giornalista abusivo al Foglio mi trovo bene. E' cinque anni che mi chiedono di fare l'esame di stato, ma una volta ho perso il Frecciarossa per Roma, una volta dovevo essere interrogato dagli inquirenti… Insomma, ho sempre un giusto impedimento per non sostenere l'esame da professionista. Come mai? I motivi sono vari: vorrei tramite il mio partito far carriera senza merito; ormai ho 57,58 anni, vivo di espedienti e piccole truffe, chi me lo fa fare di studiare? Se poi entro nell'elenco dei pubblicisti mi sbattono fuori per ubriachezza molesta in redazione. Vediamo quanto sono durato negli ordini in cui mi sono iscritto: ordine dei farmacisiti, due giorni (sbattuto fuori perché mi rifiutavo di vendere gli zoccoli); ordine degli architetti, un giorno (si sono accorti che la laurea che avevo prodotto a Kinshasa era vera). Firmato: un finto drogato (per avere agevolazioni di legge).