Esercitazioni militari

La “Supremazia” dell'Iran nel Golfo spaventa il mercato del greggio

Daniele Raineri

Il Brent sfonda quota 108 dollari al barile salendo di 35 centesimi in una sola seduta e anche il prezzo del greggio americano arriva a sfiorare i 100 dollari al barile al quinto giorno di una grande esercitazione navale iraniana nello stretto di Hormuz. I mercati colgono il messaggio di Teheran: la marina militare può bloccare il tratto di mare da dove passa circa il 40 per cento di tutto il petrolio trasportato via nave nel mondo e tagliare i rifornimenti.

    Il Brent sfonda quota 108 dollari al barile salendo di 35 centesimi in una sola seduta e anche il prezzo del greggio americano arriva a sfiorare i 100 dollari al barile al quinto giorno di una grande esercitazione navale iraniana nello stretto di Hormuz. I mercati colgono il messaggio di Teheran: la marina militare può bloccare il tratto di mare da dove passa circa il 40 per cento di tutto il petrolio trasportato via nave nel mondo e tagliare i rifornimenti. Il 2011 che finisce tra pochi giorni “potrebbe essere ricordato come l'anno dello choc da interruzione dei rifornimenti”, commentano gli analisti della Jbc Energy, una grande agenzia di consulenza nel business dell'energia, sentiti dall'agenzia Reuters.

    La minaccia alla rotta del greggio non è stata porta in modo esplicito dal governo di Teheran cinque giorni fa – anzi, la nota ufficiale parlava di un'esercitazione che manda “un messaggio di amicizia ai paesi della regione” – ma ora è ripetuta da un coro di voci laterali e continue, che fa da bordone allo spiegarsi della unità iraniane per duemila chilometri quadrati di mare dallo stretto di Hormuz fino al Golfo di Aden e al contemporaneo impennarsi del prezzo del greggio. “Velayat”, supremazia, durerà in tutto dieci giorni. Ieri il vicepresidente Mohammad Reza Rahimi ha detto all'agenzia di stampa governativa Irna: “Se loro (l'occidente, ndr) imporranno sanzioni sulle esportazioni di petrolio dall'Iran, neanche una goccia di petrolio passerà dallo stretto di Hormuz”. I giornali russi – che quindi guardano la situazione da una complicata posizione di terzietà interessata – riferiscono che il generale che guida l'esercitazione, l'ammiraglio iraniano Habibollah Sayyari, risponde: “Se ricevessimo l'ordine (di chiudere lo Stretto, ndr) siamo  in grado di farlo”.

    Un parlamentare della commissione per la Sicurezza nazionale, Zohreh Elahian, lunedì aveva detto anche lui che “Le manovre della marina nel Golfo persico e nel mare dell'Oman dimostrano la potenza e la supremazia dell'Iran sulle acque della regione” e “i media occidentali ammettono che siamo in grado di chiudere lo Stretto di Hormuz, se fossimo costretti”. La minaccia era arrivata esplicitamente già a luglio da parte del comandante delle Guardie rivoluzionarie dell'Iran, Mohammad Ali Jafari, e ancora prima a febbraio da Ali Fadavi, capo delle forze navali delle Guardie rivoluzionarie (il grosso della marina è finito da tempo sotto il controllo dei pasdaran, il resto ha compiti residuali, da Guardia costiera).

    La maggior parte del greggio esportato da Arabia Saudita, Iran, Emirati arabi uniti, Kuwait e Iraq – assieme a tutto il gas naturale del Qatar – passa attraverso il tratto largo meno di otto chilometri davanti alle coste iraniane. Gli Emirati, per aggirare il rischio di un blocco, hanno appena terminato la costruzione di un oleodotto che può saltare lo strettoia marina con un milione e mezzo di barili al giorno, la metà della sua produzione.

    L'Iran teme l'arrivo nel 2012 di un nuovo round di sanzioni internazionali contro le sue esportazioni di petrolio, per colpa del programma atomico che le Nazioni Unite hanno definito “anche militare” e che il paese non ha intenzione di fermare. Per ora il progressivo accumularsi di misure internazionali ha colpito l'economia iraniana con durezzza, ma le risorse naturali – gas e greggio – hanno evitato che fossero “crippling”, storpianti, come chiede il governo israeliano, e hanno protetto il regime. Il viceministro per il Petrolio, Ahmad Qalebani, ha anzi appena annunciato 17 nuovi contratti con partner anche stranieri prima della fine dell'anno iraniano (il 21 marzo 2012) per sfruttare nuovi giacimenti. Ma se le sanzioni investissero l'esportazione di greggio la pressione potrebbe essere insostenibile.

    Il mercato del greggio soffre anche della situazione in Siria: sabato il ministro di Damasco per il Petrolio, Sufian Alao, ha detto che la produzione è crollata al 30 per cento rispetto a prima. Ieri gli osservatori della Lega araba sono arrivati a Homs, uno dei centri degli scontri tra manifestanti e regime – da dove secondo le prime notizie i carri armati si stanno ritirando – ma la loro efficacia è parecchio controversa. Il mercato del petrolio è anche incerto sulla situazione in Iraq: la crisi politica tra maggioranza sciita e minoranza sunnita sta peggiorando e ieri il governo del premier Nouri al Maliki era, secondo lo storico inviato del Wall Street Journal, Sam Dagher, “un passo più vicino alla dissoluzione”.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)