Il calcio è sporco
Calciatori della periferia del pallone se la sono cantata, l'ombra della combine si è allungata su altre dieci partite di cui tre del campionato 2010-11 di serie A. Pare che da Singapore un uomo d'affari indonesiano avrebbe tirato le file del business miliardario. Spunta anche una banda di gitani serbi e macedoni residenti in Svizzera che erano soliti frequentare i ritiri dei calciatori nei giorni di vigilia degli incontri, con mazzette di contanti in tasca.
Calciatori della periferia del pallone se la sono cantata, l'ombra della combine si è allungata su altre dieci partite di cui tre del campionato 2010-11 di serie A. Pare che da Singapore un uomo d'affari indonesiano avrebbe tirato le file del business miliardario. Spunta anche una banda di gitani serbi e macedoni residenti in Svizzera che erano soliti frequentare i ritiri dei calciatori nei giorni di vigilia degli incontri, con mazzette di contanti in tasca.
Fin qui nulla di diverso da una qualsiasi organizzazione affaristica sovra-nazionale a caccia di illeciti profitti, nulla che sia prodotto specifico dello sport e meno che mai del calcio. Originale invece, e alquanto comico, il lato squisitamente italiano dell'affaire. C'è anzitutto il calciatore del Gubbio che denuncia la combine. Il ragazzo è per bene e fa quello che gli dice la coscienza. La cosa è apparsa così straordinaria in alto luogo che il commissario tecnico Prandelli ha deciso di farlo allenare con la nazionale per non farlo sentire solo. Il giornalismo zucchero e cannella si è subito profuso in scroscianti applausi.
C'è poi una signora, che porta il titolo tra il fumoso e il pomposo di responsabile dell'ufficio di segreteria della giustizia sportiva della sede di Milano della Lega calcio, che si dà molto da fare per evitare condanne a due calciatori suoi carissimi amici: uno verrà squalificato per quattordici mesi, l'altro per tre anni e mezzo. La loggia degli sfigati in cui chi promette millanta e chi ci casca paga è di gran lunga la più nutrita e pericolosa del paese.
Infine tal Nicola Santoni, ex portiere del Palermo nonché amico dell'ex capitano atalantino Cristiano Doni già coinvolto nell'inchiesta, si sfoga al telefono con interlocutore esotico, tale Maurinho: “Il calcio è tutto truccato, tutto marcio. C'è Buffon che gioca anche lui, 100, 200 mila euro al mese… lui , Gattuso, Cannavaro sono proprio malati”. Dove Buffon sta per Buffon, Gattuso per Gattuso, ma Cannavaro non si sa se sta per Fabio piccolo di statura, grande d'età e stratosferico per carriera o oppure per il di lui fratello Paolo, un pischello al confronto e grande esordiente.
Non risulta che i tre abbiano fatto combine. Scommesso questo sì. Magari anche molto, forse piace loro il brivido e se lo pagano. Allora dov'è il problema? Nel divieto di scommettere imposto ai tesserati dalla Figc, braccio operativo nel mondo del calcio di uno stato che con il gioco d'azzardo e le scommesse ci si rimpingua. E anche questo è molto italico, gettare al vento cose sentite dire e aspettare che si facciano maldicenza. Abbiamo amato quei nostri eroi perché in campo davano più di quello che avevano, le vittorie anche le più prestigiose erano una conseguenza di questa attitudine del cuore.
Non conosco il calcio pulito. E' nato nella terra fangosa, è cresciuto fra rumori di ossa infrante, muscoli strappati e smorfie di dolore. Ha conosciuto intimidazioni, cacce all'uomo, ha visto nazioni intere ostili e minacciose contro l'ospite di turno. L'innocenza perduta, per favore non parliamone più. Non ci interessa se i calciatori guadagnano e quanto guadagnano, se scommettono e quanto: se così fosse nessuno guarderebbe più una partita di calcio neppure in televisione. Interessano la follia, l'ebbrezza di un momento. Sarà qualcosa di mistico, forse. Fatto sta che in tanti anni allo stadio nessuno può dire in coscienza di aver sentito odore di sterco del diavolo.
Il Foglio sportivo - in corpore sano