Botte da (urbi et) orbi
Ormai è chiaro: per avere la soddisfazione di vedere esseri umani di sesso maschile fare letteralmente a botte per contendersi l'incarico di pulire un pavimento, bisogna aspettare il Natale – subito prima o subito dopo, dipende dagli anni – e appostarsi nella Basilica della Natività, a Betlemme. Puntualmente, si assisterà alla tradizionale scazzottata (quest'anno rinforzata dall'uso delle ramazze come arma impropria, e diffusa urbi et orbi, volendo anche nel senso delle botte, grazie a numerosi filmati amatoriali) tra monaci greco-ortodossi e preti della chiesa apostolica armena.
Ormai è chiaro: per avere la soddisfazione di vedere esseri umani di sesso maschile fare letteralmente a botte per contendersi l'incarico di pulire un pavimento, bisogna aspettare il Natale – subito prima o subito dopo, dipende dagli anni – e appostarsi nella Basilica della Natività, a Betlemme. Puntualmente, si assisterà alla tradizionale scazzottata (quest'anno rinforzata dall'uso delle ramazze come arma impropria, e diffusa urbi et orbi, volendo anche nel senso delle botte, grazie a numerosi filmati amatoriali) tra monaci greco-ortodossi e preti della chiesa apostolica armena.
Premessa. Come è noto, la gestione dei santuari cristiani in Terrasanta è regolata da un decreto dell'imperatore ottomano, chiamato “Statu quo” e rimasto invariato dal 1852, con il quale si fissarono una volta per tutte le competenze delle diverse comunità (latini, greci, armeni, copti, siriani) impegnate da secoli in contenziosi anche violentissimi su chi, come e quando dovesse (e deve) gestire spazi e funzioni dei suddetti santuari. Ai greco-ortodossi (che nel 1847 avevano rimosso una stella d'argento con una scritta latina dal luogo identificato come quello della grotta dove nacque Gesù, ma che poi l'avevano dovuta rimettere al suo posto) è dunque toccata, in forza dello Statu quo, l'intera Basilica della Natività, a parte una piccola zona assegnata agli armeni e il luogo dove era situata la mangiatoia-culla di Gesù, di competenza dei francescani.
A dispetto del decreto del 1852 e della sua pretesa di mettere una pietra sopra alle rivalità, a ogni Natale greci e armeni, condomini riluttanti nella Basilica, rinnovano tuttavia le antiche belligeranze. I gagliardi uomini di Dio, forse dimentichi – o forse no – di agire ai tempi del Grande Occhio Digitale, quest'anno si sono prodotti in una rissa particolarmente spettacolare. E' avvenuto mercoledì scorso, nel pieno delle grandi pulizie dopo le celebrazioni natalizie, sotto lo sguardo perplesso delle icone e sotto quello goloso di videocamere e cellulari, a volte azionati dagli stessi contendenti, magari convinti di poterli usare come atto d'accusa contro i nemici. Nei filmati diffusi in rete, si vede come all'improvviso gli alacri grupponi di preti – un centinaio, con innegabile effetto coreografico sconfinante nel kolossal – armati di scope e spazzoloni oltre che di acqua, detersivi e segatura, smettono all'unisono di tirare a lucido le venerabili pietre della basilica e passano a darsele di santa ragione. La scintilla sarebbe stata, come al solito, la presunta invasione da parte di uno spazzolone greco della zona assegnata alle ramazze armene. Contestazioni, nervosismo, insulti, bagarre. Sedata, molto a stento, dai poliziotti palestinesi presenti e rassegnati, come ogni anno, a faticare per separare i contendenti e a beccarsi qualche spintone pure loro. Le cronache informano che, dopo un gran lancio incrociato di spazzoloni verso i rispettivi campi avversari, armeni e greci hanno ripreso le pulizie senza ulteriori divagazioni, e che nessun monaco risulta ferito o fermato. E' andata meglio, insomma, rispetto al 27 dicembre di quattro anni fa, quando dalla rissa nella basilica uscirono malconci cinque monaci e due poliziotti. Chissà se rivedersi sulle home page dei siti di mezzo mondo, impegnati in così poco edificanti attività, tratterrà in futuro i contendenti. L'appuntamento è a Pasqua.
Il Foglio sportivo - in corpore sano