Ankara può fare a meno di Israele e Stati Uniti (per ora)

The Tank

Non deve aver avuto un buon impatto in Israele la foto di Ismail Haniyeh che, durante una tappa della sua visita in Turchia, sventola la bandiera palestinese a bordo della Mavi Marmara, la nave della Freedom flotilla assaltata dalle forze speciali israeliane a fine maggio 2010 per impedirle l'attracco a Gaza. La Turchia, impegnata com'è nel tentativo di far riconciliare Hamas e Fatah, evita il riavvicinamento con il governo di Gerusalemme invocato anche dal vicepresidente americano Biden solo un mese fa.

    Non deve aver avuto un buon impatto in Israele la foto di Ismail Haniyeh che, durante una tappa della sua visita in Turchia, sventola la bandiera palestinese a bordo della Mavi Marmara, la nave della Freedom flotilla assaltata dalle forze speciali israeliane a fine maggio 2010 per impedirle l'attracco a Gaza. La Turchia, impegnata com'è nel tentativo di far riconciliare Hamas e Fatah, evita il riavvicinamento con il governo di Gerusalemme invocato anche dal vicepresidente americano Biden solo un mese fa. Da Washington si continua a chiedere a turchi e israeliani di mettere da parte i dissidi, e il Congresso auspica ancora che Obama metta in campo un’offensiva per tutelare gli interessi americani nella regione e preservare quel che resta dell’equilibrio nell’area. Le esercitazioni militari tra i due ex alleati rimangono sospese, così come i rapporti diplomatici ai più alti livelli. Ankara non ha la minima intenzione di arretrare dal progetto politico che la vuole faro per tutti i movimenti islamici legati alla Fratellanza musulmana. Il legame con Hamas è stretto, e non è un caso che Haniyeh abbia detto di aver ricevuto dal premier turco un benvenuto "molto più caldo di quello che si riserva di solito a un amico o a un fratello". La Turchia continua a puntare tutto sul suo ruolo di potenza regionale, libera da lacci e capace di imporre tutta la propria forza grazie alla formidabile posizione geografica che occupa. Così, se un giorno firma un accordo da 5 miliardi di dollari per forniture di gas dall’Azerbaijan (in nome anche di comuni radici etniche, ci tengono a sottolineare sia a Baku che ad Ankara), il giorno dopo non trova nulla di strano nel siglare un patto di ferro con la Russia di Putin per l’avvio della costruzione di South Stream.