Deputato del Pd ci spiega perché l'Italia è una fabbrica di carcerati

Giulia Pompili

“E’ l’una e cinquanta circa, Fabrizio, coriaceo agente del G8 di Rebibbia, si toglie il gusto di una domanda che, si vede, ha sulla punta della lingua da quando Pannella è entrato per visitare il suo reparto: ‘Scusi onorevole ma a lei a 82 anni, con tutto quello che ha fatto, chi glielo fa fare di stare qui a quest’ora il giorno di Capodanno?”. Inizia con le parole di un secondino il racconto sulla pagina Facebook di Roberto Giachetti, deputato del Partito democratico, sulla sua notte in carcere con il leader dei Radicali, Marco Pannella.

    “E’ l’una e cinquanta circa, Fabrizio, coriaceo agente del G8 di Rebibbia, si toglie il gusto di una domanda che, si vede, ha sulla punta della lingua da quando Pannella è entrato per visitare il suo reparto: ‘Scusi onorevole ma a lei a 82 anni, con tutto quello che ha fatto, chi glielo fa fare di stare qui a quest’ora il giorno di Capodanno?”. Inizia con le parole di un secondino il racconto sulla pagina Facebook di Roberto Giachetti, deputato del Partito democratico, sulla sua notte in carcere con il leader dei Radicali, Marco Pannella. “Entrare in carcere con lui è un’esperienza incredibile”, dice al Foglio Giachetti, “c’è un’interazione familiare tra lui, i carcerati e gli agenti di custodia. I detenuti mettevano fuori gli specchietti per vedere a che punto del corridoio si trovasse, per sapere quando sarebbe toccato a loro parlarci”.

    Nel complesso di Rebibbia sono reclusi 1.735 detenuti, il cinquanta per cento in più di quelli che potrebbe contenere la struttura. A lavorarci come secondini ci sono cinquecento persone. Ne servirebbero almeno mille. Per Giachetti il sovraffollamento di Rebibbia non è nulla in confronto alle condizioni dell’altra casa circondariale di Roma, Regina Coeli, dove “non si violano i diritti umani, ma anche quelli animali”. E dove, secondo chi c’è stato il giorno di Natale, “basterebbe una visita della Asl per mettere i sigilli”.

    Alla base del problema c’è il sistema giudiziario italiano, per Giachetti “una fabbrica di carcerati”. L’amnistia, “alla quale sono comunque favorevole”, è tuttavia una condizione “necessaria ma non sufficiente”. Secondo il deputato pd è un provvedimento che incide “sul nucleo principale, quello dell’azzeramento del carico dei processi e la sua diretta conseguenza, il sovraffollamento. Ma è necessario intervenire con modifiche legislative serie sulla causa di tutto questo”. Per esempio, la depenalizzazione: “Il legislatore si muove a seconda dell’emergenza più grossa in quel momento. Con l’indulto è stato dimostrato che gran parte di quelli che erano in carcere non sono rientrati. Ma se uno poi viene beccato a farsi una canna torna dentro. C’è bisogno di commutare le pene, di affrontare il problema degli stranieri (a Rebibbia sono il quaranta per cento dei detenuti), di usare gli arresti domiciliari con equilibrio e creare delle reti alternative alla detenzione”. Giachetti è critico anche sull’obbligatorietà dell’azione penale, argomento caro al Pd, che “incide molto in questo circolo infernale.

    La magistratura non può aprire un fascicolo per ogni sospetto, è necessario creare un ordine di priorità, e non tralasciare dunque neanche la giustizia civile”. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, con il suo pacchetto svuota carceri è stata “più coraggiosa di Alfano”, ma “il malato è grave, e ha bisogno di una medicina adatta”. Non basta quindi, finché non si mette in piedi un’amnistia ragionata “e non gratis, come fu l’indulto”.
    Ieri mattina un cinquantaseienne calabrese è morto nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. Il 31 dicembre altri due detenuti sono riusciti a togliersi la vita, uno nelle Vallette di Torino e l’altro a Trani, e un altro ha tentato di impiccarsi. Secondo la Uil Penitenziari nel 2011 ci sono stati 66 suicidi e circa mille tentativi di suicidio nelle carceri, oltre a circa 5.400 atti di autolesionismo grave.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.