Corporazione la trionferà
Come ogni liberalizzazione, anche quella degli orari e giorni di apertura dei negozi suscita proteste nelle categorie colpite. Avere più concorrenza non piace mai a chi, oggi, ne ha meno, e pertanto incassa rendite di posizione. Quello che stupisce, allora, non è l'opposizione dei diretti interessati: è la solidarietà di quanti dovrebbero, per storia e per ruolo, ergersi a difesa dei diritti dei consumatori a ricevere un servizio migliore.
Leggi Con il fuori orario delle botteghe parte a razzo il ciclo delle liberalizzazioni - Guarda la puntata di Qui Radio Londra No all'austerità per l'austerità. Ecco perché
Come ogni liberalizzazione, anche quella degli orari e giorni di apertura dei negozi suscita proteste nelle categorie colpite. Avere più concorrenza non piace mai a chi, oggi, ne ha meno, e pertanto incassa rendite di posizione. Quello che stupisce, allora, non è l’opposizione dei diretti interessati: è la solidarietà di quanti dovrebbero, per storia e per ruolo, ergersi a difesa dei diritti dei consumatori a ricevere un servizio migliore. Per questo è piuttosto singolare la decisione del governatore toscano, Enrico Rossi, di schierarsi a fianco delle posizioni più reazionarie degli esercenti. “La liberalizzazione totale e selvaggia degli orari e delle aperture è solo un altro regalo alla grande distribuzione e una batosta per le piccole imprese”, ha detto ieri a Repubblica. Si tratta di una svolta, che segna una cesura con quel poco o tanto di spinta riformista che alberga nel Partito democratico. L’avvio della liberalizzazione della distribuzione commerciale è legata al nome di Pier Luigi Bersani, che nel 1999 iniziò a disboscare le assurde norme corporative che disegnavano, e in parte disegnano ancora (specie sotto forma di leggi regionali, come in Toscana per i carburanti), un sistema antiquato di pianificazione commerciale, nel quale l’offerta era decisa attraverso il confronto costante tra le associazioni dei negozianti e la politica.
In questo meccanismo venivano del tutto tagliati fuori il consumatore e le sue esigenze: la “domanda” non aveva modo di esprimersi. La rimozione del sistema delle licenze prima, delle regolamentazioni sulle distanze minime e il contingentamento numerico poi, e ora dei vincoli a orari e turni è un percorso razionale verso la modernizzazione del commercio, con una serie di benefici in termini di prezzi, qualità del servizio e soddisfazione del cliente. Questo non ha nulla a che vedere col “consumismo” invocato da Rossi: semmai ha a che fare col rispetto dovuto a ogni individuo e, in particolare, con l’opportunità per chi ha redditi medio-bassi di massimizzare il potere d’acquisto del proprio salario. Ecco perché ogni intervento in tal senso ha un netto effetto pro crescita che, nel caso dell’Italia, più ricerche fotografano sistematicamente anno dopo anno.
Per la stessa ragione, è semplicemente fuori luogo identificare gli effetti della liberalizzazione col vantaggio della grande distribuzione piuttosto che dei piccoli esercizi. Se la possibilità di adattarsi meglio alle esigenze dei consumatori favorisca la grande distribuzione organizzata (Gdo) oppure i negozietti è difficile dirlo a priori, e in ogni caso dipende dalle scelte che, giorno dopo giorno, compiono milioni di persone. Se la Gdo cresce e il “negozio all’angolo” è costretto a chiudere oppure specializzarsi su nicchie di mercato, è perché la gente lo decide, con le proprie scelte di consumo. Impedire questo processo non è un modo di proteggere “la nostra identità culturale”, come ha aggiunto Rossi addirittura invitando “la Chiesa a far sentire la sua voce” (perché? che c’entra Gesù Cristo con gli interessi dei negozianti?).
A farne le spese, appunto, sarebbero i consumatori, cui verrebbe impedito di acquistare gli stessi prodotti a prezzi inferiori oppure di scegliere se risparmiare tempo facendo tutta la spesa in un unico luogo o rifornirsi presso soggetti differenti o ancora di organizzare meglio la propria giornata scegliendo loro, anziché l’associazione dei commercianti o il sindaco, quando andare a riempire il frigorifero. Tale consapevolezza non è estranea allo stesso Pd toscano, se è vero che solo pochi mesi fa il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, è stato protagonista della battaglia per l’apertura dei negozi nel giorno del Primo maggio. Perché, dunque, Rossi abbandona l’interesse generale per sposare un interesse particolare?
Attribuire questa decisione a puro interesse elettoralistico sarebbe ingeneroso, ma in assenza di una risposta convincente è difficile scartare a priori il sospetto.
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