Watergate in salsa taiwanese

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A Taipei non c’è un Watergate Hotel, ma è come se. Le accuse al presidente in carica (e uscente) Ma Ying-jeou di aver fatto spiare con registrazioni segrete, pedinamenti e rapporti dei servizi segreti la propria avversaria alle elezioni del 14 gennaio sta creando parecchio imbarazzo. A rivelare le trame di Ma è stato il Next magazine, un tabloid taiwanese che ha deciso di far luce su quanto di torbido sta avvenendo nella apparentemente tranquilla politica isolana.

    A Taipei non c’è un Watergate Hotel, ma è come se. Le accuse al presidente in carica (e uscente) Ma Ying-jeou di aver fatto spiare con registrazioni segrete, pedinamenti e rapporti dei servizi segreti la propria avversaria alle elezioni del 14 gennaio sta creando parecchio imbarazzo. A rivelare le trame di Ma è stato il Next magazine, un tabloid taiwanese che ha deciso di far luce su quanto di torbido sta avvenendo nella apparentemente tranquilla politica isolana. In pratica, il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza, generale Hu Wei-chen, avrebbe ordinato lo scorso maggio ad agenti dell’intelligence di monitorare accuratamente ogni attività della signora Tsai Ing-wen, che di Ma è la sfidante più agguerrita e pericolosa e che non sembra essere particolarmente amata né dagli americani né dai cinesi per la sua presunta aggressività.

    Sulle attività di Tsai, sulle sue cene elettorali, sui suoi incontri riservati, i servizi segreti avrebbero collezionato faldoni enormi. Il tutto sarebbe stato portato poi all’attenzione del Capo dello stato, per consentirgli di farsi un’idea più precisa su questa professoressa che ben conosce la macchina governativa per averne fatto parte in passato. Indignato, Ma ha respinto ogni accusa, ricordando di essere da sempre un fautore della democrazia (fa però parte del Partito nazionalista, l’unico legale fino al 1996) e di essere contrario ad usare mezzi poco trasparenti per l’attività politica. In realtà, scrive l’Apple Daily (diffusissimo quotidiano locale), “anche se il presidente non avesse dato quegli ordini, i capi dell’intelligence avrebbero potuto agire liberamente, dato che sono stati tutti nominati da Ma Ying-jeou. E si sa, in tempo di campagna elettorale, molti sono tentati di restituire i favori ricevuti”.