La fotografa che ha ritratto i più famosi volti d'America si è spenta a 99 anni

Chi era Eve Arnold, Eva per la Magnum

Elisa Adelgardi

“Inquadrare la vita quotidiana e mostrare quanto possa essere speciale: questa è la cosa più difficile del mondo”. Lo ha detto la fotografa Eve Arnold, che si è spenta all’età di novantanove anni. Lo ha detto e lo ha anche fatto. Riuscire a conciliare l’immagine sensuale, provocante, di Marilyn Monroe con il principio ispiratore della Arnold di fotografare “il povero, il vecchio, e il perdente” è una di quelle missioni impossibili che hanno trovato la sacrosanta eccezione.

    “Inquadrare la vita quotidiana e mostrare quanto possa essere speciale: questa è la cosa più difficile del mondo”. Lo ha detto la fotografa Eve Arnold, che si è spenta all’età di novantanove anni. Lo ha detto e lo ha anche fatto. Riuscire a conciliare l’immagine sensuale, provocante, di Marilyn Monroe con il principio ispiratore della Arnold di fotografare “il povero, il vecchio, e il perdente” è una di quelle missioni impossibili che hanno trovato la sacrosanta eccezione. Marilyn è pensierosa, cammina tenendosi le maniche della giacca, una giacca troppo grande, sullo sfondo il deserto del Nevada. Nei ritratti di Eve Arnold ci sono tutti, famosi e sconosciuti, di ogni sesso, età, cultura e stato sociale. Il profilo di Malcom X è elegante, forte il contrasto col bianco di sfondo; Johan Crawford sorride in un labirinto di specchi; Jacqueline Kennedy fa la mamma nel salotto, illuminata a metà dalla finestra, per il resto la stanza è buia.

    Risale agli anni cinquanta la sua prima photo story, ancora trasgressiva, che percorreva le strade di Harlem a scovare la moda afro-americana. Un servizio così eccentrico da farle conquistare la considerazione di Henry Cartier-Bresson (nientemeno), ed entrare nella squadra Magnum come sua prima fotografa donna, Eve appunto. Inizia così l’ascesa di un’artista che con la luce ha plasmato e riproposto la sensibilità dell’uomo comune e l’ha fatta risplendere senza fermarsi mai. Chiaro-scuri, penombre, sguardi sono il filo conduttore, per il resto ci pensa la realtà: “Sono stata povera e ho voluto documentare la povertà; ho perso un figlio e il tema della nascita mi ha ossessionato; ero interessata alla politica e ho voluto capire come questa ci ha influenzato; sono una donna e ho voluto capire le donne”. Punto e basta.