Indagine su un caccia
Dopo Equitalia, la buvette e i tassisti corporativi, gli acquisti del ministero della Difesa sono il capitolo più discusso degli scandali in faccia all’austerità. Quindici miliardi di euro di spesa (come una manovra) per l’acquisto di 131 cacciabombardieri americani, i sofisticati F-35 Joint Strike Fighter, che invece potrebbero essere utilizzati per mitigare i tagli sociali. Famiglia Cristiana ha cominciato la campagna, poi è arrivato il Fatto quotidiano e lunedì su Repubblica c’era un dossier di Giampaolo Cadalanu. Il clima è questo.
Leggi L’austera difesa di Obama di Mattia Ferraresi
Dopo Equitalia, la buvette e i tassisti corporativi, gli acquisti del ministero della Difesa sono il capitolo più discusso degli scandali in faccia all’austerità. Quindici miliardi di euro di spesa (come una manovra) per l’acquisto di 131 cacciabombardieri americani, i sofisticati F-35 Joint Strike Fighter, che invece potrebbero essere utilizzati per mitigare i tagli sociali. Famiglia Cristiana ha cominciato la campagna, poi è arrivato il Fatto quotidiano e lunedì su Repubblica c’era un dossier di Giampaolo Cadalanu. Il clima è questo. Ieri sull’Espresso anche un editoriale sui diritti sociali e l’eguaglianza di Michele Ainis era comunque titolato: “Meno carrarmati e più pensioni”. A che punto è la questione?
I detrattori hanno argomenti forti. Il sito Altreconomia cita un rapporto preoccupato del Pentagono – “F-35 Joint Strike Fighter Concurrency Quick Look Review” – che rivela che il nuovo aereo è in realtà afflitto da una lunga lista di guai tecnici che crea ritardi e aggiunge costi. Ufficialmente l’Italia è ancora convinta di acquistare i suoi 131 jet (69 F-35A e 62 F-35B) a 78 milioni di dollari ciascuno, ma il Canada ha già chiesto al proprio Parliamentary Budget Officer (l’ufficio che fornisce analisi economiche indipendenti al Parlamento) di rifare i conti e ha scoperto che i suoi 66 aerei costeranno il doppio, 146 milioni di dollari a esemplare.
Gli esperti si chiedono anche se all’Italia serve davvero un velivolo così costoso e sofisticato: per bombardare chi? Guerriglieri o truppe di paesi a bassa tecnologia come quelli che affrontiamo in ambito Nato da 20 anni (come la Serbia e la Libia)? Le fonti di Repubblica criticano inoltre “un aereo progettato per le esigenze della Guerra fredda, quasi inutile in teatri come l’Afghanistan, e inferiore al J-20 Stealth di produzione cinese”. Infine, c’è il problema del mantenimento. Non è per nulla sicuro che possiamo permetterci non soltanto di comprare, ma anche di tenere pronta una flotta così avveniristica. Il bilancio della Difesa 2011 (14,3 miliardi per le forze armate) sarà tagliato di 2,5 miliardi tra il 2012 e il 2013. In assenza di risorse certe acquistare l’F-35 (o altri nuovi mezzi) significa rischiare di non avere i soldi per gestirli e per “fargli il pieno”.
C’è ancora un problema. L’F-35 è un progetto americano e quindi il nocciolo della tecnologia resta in mano a loro, come fosse soltanto concesso in prestito ai partner: per gli aggiornamenti e le riparazioni bisogna tornare da loro. Il programma F-35 trasforma le industrie italiane che partecipano in semplici fornitrici di Lockheed Martin, mentre con il progetto Typhoon gli italiani erano fra i produttori (dentro il consorzio europeo Eurofighter) in concorrenza con i velivoli americani. La differenza è che l’Eurofighter possiamo venderlo e incassare una quota di ricavi – come è successo con l’Arabia Saudita – l’F-35 no.
C’è stata una scelta di fondo da fare: restare agganciati alle forze militari più avanzate del mondo, con la capacità di operare assieme a loro e sullo stesso livello per i prossimi 30-40 anni, o restare un passo tecnologico indietro e arrangiarsi con sistemi meno costosi. Ed è stata già fatta nel 2002. C’è chi fa notare come una parte dei soldi, tra il 65 e il 75 per cento, tornerà in Italia sotto forma di commesse e di posti di lavoro. Gli accordi di cooperazione con l’industria italiana riguardano 1.200 ali da realizzare negli stabilimenti di Alenia Aeronautica e altre componenti, anche se molti aspetti sono ancora da formalizzare contrattualmente. In uno stabilimento a Cameri, vicino Novara, si lavorerà all’assemblaggio dei velivoli italiani e alla manutenzione di quelli alleati.
Andrea Gilli, collaboratore del sito d’economia LaVoce.info, fornisce come costo totale dell’F-35 non 15 ma 13 miliardi e ricorda che i programmi militari sono pluriennali, durano almeno 40 anni: di conseguenza il costo dell’F-35 per l’Italia sarà più gestibile, pari a 325 milioni di euro ogni anno – e se uscissimo adesso ne perderemmo 98. Gilli liquida come poco informati i giudizi sul “caccia da Guerra fredda”: “Non può essere, è un aereo multiruolo concepito nel 1996 e approvato nel 2001”.
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